Nuova York

Nuova York

10 Marzo 2014

New York: che emozione! Mi è venuto in mente in aereo che saremmo potuto stare un paio di notti qui. Vabbè, ci torneremo con più calma.

Starbucks. I 3,50 USD più ben investiti della mia vita: un caffè e un bel bagno dove fare la pipì e lavarsi le mani. Un divanetto dove riposare i miei piedini stanchi. Una finestrona da cui guardare la gente in strada.

11 Marzo 2014, 6.40 am (11.40 in Italia)

Al JFK in attesa dell’imbarco.

Per aver dormito solo un paio d’ore (faceva troppo freddo il pavimento stanotte!) sono piuttosto in forma. Spero mi diano in fretta qualcosa da mangiare, e qualcosa di decente, se non è chiedere troppo. Per fortuna ieri sera un ragazzo sulla metro ci ha svegliati e ci ha detto che dovevamo cambiare treno per andare in aeroporto, altrimenti saremmo ancora lì sopra. Eravamo talmente stanchi che ci siamo entrambi addormentati come sassi. Dalle 4 del pomeriggio (ci è voluto un bel po’ per uscire dall’aeroporto, tra controlli e metro) alle 10 di sera ci siamo fatti tutta Manhattan a piedi, dal laghetto di Central Park, ancora ghiacciato, fino a Chinatown, passando per la Fifth Avenu, il Rockfeller Centre, Times Square, la Central Station (che adoro), e abbiamo anche osato attraversare il Brooklyn Bridge a piedi, come se non fossimo abbastanza sfiniti. Che romantici però 🙂 (in realtà eravamo troppo stanchi per esserlo).

20140318-130032.jpg

8.30

In aereo verso il caldo. Sono un po’ scomoda per andare in bagno, dovrei chiedere al mio vicino di alzarsi e non ne ho voglia. Ho caldo ai piedi, i pantaloni un po’ strappati (mia mamma si lamentava che avevano due macchie già prima di partire, che sarà mai?) e incollati al sedere. Luca è seduto cinque posti più indietro. Quando mi giro vedo la sua piazzetta lì davanti <3. Chissà come se la cava con le lingue da solo. Siamo in volo da un’ora credo. Non so a che ora siamo partiti perché mi sono addormentata prima ancora che finisse l’imbarco. L’aereo è completamente pieno, soprattutto di neri, non so se dominicani, potrebbero anche essere americani che vanno in vacanza. Dai, portatemi il caffè così posso tornare a dormire.

new york

 

Andare o restare?

9 Marzo 2014

Sono in garage dai miei che saluto i gatti. Mi spiace che per alcune settimane dormiranno da soli. Però di giorno si divertiranno un sacco. Si faranno delle gran piste per il giardino.

Sono agitata e in questo momento non ho proprio voglia di partire. Che male c’è nello stare a casa e viaggiare con l’aiuto di un buon libro? Mi era successo anche con la Tanzania. Poco prima della partenza mi era passata tutta la voglia. Quella era la mia prima volta in Africa e un po’ avevo paura perché non sapevo cosa avrei trovato. Questa volta mi spaventa che la Repubblica Dominicana venga definita “non pronta” ad accogliere viaggiatori indipendenti, che in alcuni forum si legga che si deve stare attenti, che cercano di fregarti da tutte le parti, che è un casino girare, ecc. Tra l’altro il fatto che non sia facile da visitare è uno dei fattori che mi hanno convinta ad andarci! L’avventura e l’incognito mi attraggono e allo stesso tempo mi spaventano. Del resto, se non fossi un po’ elettrizzata al momento di partire, non ci sarebbe neanche gusto.

Vabbè, ormai mi tocca andare.

packing and Cindy wants to come too
preparazione bagagli
AGITAZIONE!!

AGITAZIONE!!

5 marzo 2014

Comprato il volo, si parte fra 4 giorni!! Destinazione SDQ, Repubblica Dominicana e Haiti! Sono agitata perché:

1. Devo spostare vari appuntamenti che avevo preso.

2. Ci aspetta un viaggio super-impegnativo: 30 ore circa, da Malpensa a Santo Domingo, con due notti in aeroporto: la prima a Milano, perché il volo è alle 9 del mattino, la seconda a New York, che speriamo di riuscire a visitare anche, visto che arriviamo nel primo pomeriggio e ripartiamo la mattina dopo.

3. Stiamo via 6 settimane: non sarà troppo tempo e troppo costoso? E mi mancheranno i gatti. Cindy, con i suoi occhioni dolci; Cagliostro col bellissimo pelo lucido.

4. Abbiamo pochissimi giorni per organizzarci: assicurazione di viaggio, pernottamento a Santo Domingo, vaccinazioni (per fortuna Luca ha già l’appuntamento per domani mattina), autorizzazione ESTA per entrare negli Stati Uniti, studiare un pochetto area ed itinerari, preparare i bagagli facendo attenzione a non dimenticare niente…

Sulla prima pagina delle mie agendine scrivo sempre il nome dei paesi che mi piacerebbe visitare in quell’anno. La Repubblica Dominicana non era tra questi. Cosa mi ha convinto? La possibilità di andare ad Haiti, povera anche prima che il terremoto del 2010 la mettesse al tappeto, affetta da alternanti epidemie di colera, ma dove il vudù è la religione più diffusa. Visto che non sono riuscita ad andare in Benin a gennaio per la grande festa vudù, spero di riuscire a vedere qualcosa ad Haiti. Purtroppo ad Haiti le celebrazioni più grandi cominciano il Venerdì Santo, poco prima del nostro ritorno, quando dovremo già essere in Rep. Dom. per essere sicuri di non perdere il volo (anche perché durante la Settimana Santa la Repubblica si riempirà di turisti statunitensi e sarà un casino girare e trovare da dormire).

Questo viaggio sarà il primo dopo molti anni che faccio accompagnata. Sarà interessante. A tante cose mi sono abituata e non presto quasi più attenzione, scommetto che Luca mi farà notare aspetti che davo per scontati. Sarà come viaggiare con occhi nuovi.

Comprare il biglietto è stata un’impresa. Quando finalmente, dopo settimane di riflessione, abbiamo deciso la destinazione, c’è voluta ulteriore riflessione per scegliere tratta e durata del volo: da Verona per 4 settimane (non c’era un volo più tardi), con aeroporto comodo da raggiuingere, volo poco costoso e di poche ore, o da Milano per 5 o 6 settimane, con due notti in aeroporto e 30 ore di volo? Non so perché, ma quando c’è da scegliere mi vien sempre naturale scegliere l’opzione più difficile. Forse perché mi dico “finché son giovane ne approfitto”. Quattro settimane comunque erano troppo poche. Meglio avere del tempo per poter visitare i due paesi in tranquillità, senza dover correre da un posto all’altro (poi una volta comprato il volo mi son venuti i dubbi di cui sopra, ma vabbè, sono l’eterna indecisa). E poi sono due anni che non vado fuori dall’Europa, se vado devo fare una cosa fatta bene. Hihi, sarà divertente vedere Luca, che il posto più lontano geograficamente e culturalmente che ha visitato è stata la Spagna :).

Dunque, stabilite le 6 settimane, vediamo il volo. Dal 9 Marzo al 21 Aprile. 2 cambi di volo (New York e Atlanta). Non mi piace fare tanti cambi di aerei perché mi sembra più alto il rischio che i bagagli vadano persi per strada, ma vabbè. Facciamo per comprare il biglietto su TUI, 712 euro, ma quando è ora di pagare ci accorgiamo che ci sono 140 euro in più! 35 euro a tratta, a persona, per i pagamenti con carta. Ehhh??? Niente da fare. Non mi piace sta roba. Alla fine sul sito della compagnia Delta a 750 euro troviamo un volo dal 10 al 21 con un solo cambio, a New York, e con un orario tale che ci permetterà di fare un salto a Manhattan. La accendiamo. E inizia l’agitazione.

Karibu Nyumbani

Karibu Nyumbani

Benvenuta a casa, a Jambiani

2 luglio 2012

Quando una si sveglia alle 6 per godersi l’alba, spera di poterlo fare non dico sola, ma perlomeno in pace. Invece a quell’ora il villaggio era già sveglio ben più di me. In spiaggia c’erano donne che raccoglievano conchiglie, un tipo che per risparmiare in attesa del prossimo lavoro dormiva sul lettino dove io di giorno prendo il sole, mentre in strada il primo dalla-dalla per Stone Town passava suonando il clacson e un venditore di non so cosa suonava una trombetta per avvertire del suo passaggio.

“Benvenuta a casa”, mi ha detto Leonard quando ieri sera sono tornata dalla mia perlustrazione della spiaggia. Sono a Jambiani, sulla costa Sud-orientale di Zanzibar. In effetti dopo le prime ore in cui pensavo che tre giorni qua sarebbero stati super noiosi, mi sono pentita di non essere arrivata prima. Comunque non mi era mai successo di visitare un Paese in cui ogni posto mi cattura e faccio fatica ad andarmene. Non saprei decidere dove vivere, se dovessi farlo. Stone Town mi piace per l’attività, i baretti, il cibo a pochi soldi e la gente, Jambiani per la tranquillità del posto e dei suoi abitanti. Il Kimte, l’albergo  dove sto, è come una grande famiglia. Sono tutti fratelli, non di sangue, felici e rilassati. Fanno colazione con una canna e continuano fino a notte inoltrata. E mi viziano: uno mi offre una spremuta, un altro una fetta di ananas dolcissima, uno un pugno di pot pourri che ha fatto lui stesso dal profumo delizioso. C’è anche un bimbo dagli occhioni svegli, Karim. Cappuccino, come dicono qui, il padre è un nero dai capelli rasta e la madre siciliana. E’ un po’ viziato da tutti gli zii che ha attorno. E c’è un cagnolino dalla testa gigante che quando allunghi la mano per accarezzarlo ci mette la zampetta sopra. Tenero! Stamattina mentre ero sull’amaca che aspettavo la mia colazione Testagrossa si è messo ad abbaiare contro una conchiglia. Ne avevo presa una carina per portarmela a casa, ma il granchietto che c’era dentro se l’è portata via. Peccato. (ora ho imparato che non si portano via le conchiglie dalla spiaggia)

Comunque per venire qua da Kendwa ho dovuto prendere un dalla-dalla fino a Stone Town e da lì un altro, per un totale di 4 ore, per fare qualcosa tipo 50 km. A un certo punto sul dalla-dalla mi hanno messo in braccio una bimba di appena due settimane. Pensavo di doverla passare a sua mamma una volta che fosse salita sul dalla-dalla, invece vedo che nessuno fa segno di volersela riprendere. Così sono stata un’ora con questo fagottino in braccio, senza sapere se la mamma fosse effettivamente sul bus; già pensavo a come nasconderla per passare la frontiera. Ma sì, alla fine la mamma (o la sorella, non so) se l’è ripresa. Qui i bambini vanno sempre in braccio degli estranei quando sono sui bus, ma non pensavo affidassero una neonata a una mzungo! E se mi cadeva con tutti quegli scossoni?

Jambiani è un villaggio che si sviluppa per circa 5 chilometri lungo una strada che affianca l’oceano. Si può nuotare solo con l’alta marea, un paio di ore al giorno. A qualche chilometro al largo c’è una barriera naturale di scogli. Con la bassa marea ci si può arrivare a piedi, passando tra coltivazioni di alghe e cozze. Sembra un paesaggio lunare con la bassa marea, ci son tanti piccoli crateri pieni di acqua.

Ho guardato la partita contro la Germania in spiaggia, in compagnia di una coppia di tedeschi, fatalità. Ad ogni gol di Balotelli i Tanzaniani erano ovviamente super eccitati. Perché è un loro fratello. Ma si sono divertiti molto anche quando il portiere tedesco ha cominciato a fare il “cheesi”, il pazzo, e ad andare oltre la sua metà campo. Ahah, come ridevano di gusto. Faceva un freddo cane quella sera. Avevo una felpa addosso ma mi son dovuta mettere vicino al fuoco per scaldarmi, e il fumo mi faceva lacrimare gli occhi. Possibile che a giugno, con il caldo che fa in Italia, devo venire a Zanzibar a prendere il freddo??? Comunque qua hanno una passione per i fuochi in spiaggia. E’ il loro spettacolo preferito, non avendo la tv in casa. Anche a Kendwa accendevano sempre il fuocherello alla sera, e c’erano sempre dei neri intorno, solo loro. I bianchi erano al bar ad ubriacarsi.

Ieri sera Leonard mi ha chiesto di accompagnarlo in un posto. Ho scoperto per strada che era casa sua, dove doveva prendere del miele per i cocktails. La sua casa è stranissima. Sembra un uovo con due estremità appuntite, muri bianchi e tetto di paglia. Dentro ci sono due stanzette e un bagno. Per cucinare accende un fuocherello fuori. La casa è piuttosto spoglia, come le altre che ho visto. Ci sono due letti e un mobiletto. I vestiti li tiene dentro uno zaino. Un paio di scarpe e uno di ciabatte sono fuori dalla porta, che chiude con un lucchetto. Non gli serve molto. Mi ha lasciata lì mentre andava a sistemare capre e galline e scoreggiare. Mi ha dato dei fiori di Jasmine che tiene in giardino; li usa per profumare la casa, dice. Volevo  chiedergli quando è stata l’ultima volta che se li è portati dentro, perché io ho sentito solo odore di muffa.

Ieri sera attorno al falò eravamo una decina. Un paio suonavano il bongo mentre qualcuno cantava una canzone dalle parole inventate, e gli altri ripetevano in coro. C’era Jacobo, un maasai sui vent’anni, che mi ha raccontato del suo leone Mwobu, che ha cresciuto per 16 anni con latte e basta. L’ha chiamato mwobu che vuol dire “ho tagliato e aperto la pancia e ti ho tirato fuori”, che è quello che effettivamente ha fatto. L’ha preso dalla pancia della madre dopo averla uccisa perché gli mangiava le mucche.

Mi mancheranno Zanzibar e la Tanzania.

Beach Boys a Kendwa

Beach Boys a Kendwa

26 Giugno 2012

Ci ho messo un po’ di giorni, ma alla fine sono riuscita ad abituarmi a questo posto. Non faccio altro che leggere, dormire e qualche volta mangiare, che voglio di più? è stato un po’ uno shock all’inizio. Sono finita in questa specie di resort pieno di bianchi che prendono il sole, bevono cocktails e giocano a beach volley (il Kendwa Rock, figo, non capita spesso di poter dormire in un bel resort pagando solo 14 dollari in un dormitorio). All’inizio volevo scappare. Mi sembrava di essere in una qualsiasi spiaggia europea, non fosse stato per l’acqua verde. Camminando verso Nungwi, l’altro paese qui vicino, la spiaggia è fiancheggiata da una continua fila di hotel e villaggi italiani. Così distante dalla Tanzania a cui ero abituata! Però ecco, sono cinque giorni che sto qui alla fine, e ci potrei restare ancora a lungo, perché

1. La colazione è super abbondante

2. Sono un po’ stanca di prendere gli zaini in spalla.

L’unica scocciatura è che non ci sono molti ristoranti locali. Solo posti per turisti, un po’ costosi (da spenderci 4-5 euro). Ci sono anche un paio di ristoranti locali, ma le opzioni sono fagioli e crapften o crapften e fagioli, illuminati dalla debole luce di una lampada ad olio, e qualche volta ci sono andata, ma mi manca la zuppetta di Stone Town. Per evitare di spendere troppi soldi in cibo mi sto riempiendo fino a stare male per colazione, visto che è inclusa nel prezzo, ma è inutile, per quanto faccia il pieno di cibo all’una mi viene fame un’altra volta. Allora stamattina ho provato a fare colazione un po’ più tardi, magari resisto fino alle 3, quando cominciano a fare le patatine che costano poco e calmano la fame, e stasera però dovrò spendere i soliti 4 euro per cenare.

All’interno del resort si sta bene, ci sono dei bei lettini in cui spaparanzarsi al sole e bruciarsi le chiappe (per fortuna è sempre nuvoloso! Durante l’unica mezz’ora che c’è stato il sole mi sono ustionata), e c’è un numero limitato di gente che rompe. I “beach boys”, i ragazzi che vendono gite in barca, snorkelling, magliette, foulard, conchiglie giganti e tatuaggi, non possono superare il confine del resort segnato da una fila di palme. Però possono attirare la tua attenzione chiamandoti, restando per delle ore con la loro mercanzia in mano sperando che qualcuno trovi la forza di alzare il culetto rosa dal lettino, e approciandoti non appena osi attraversare il confine.

Il mare è bellissimo ma mi ci bagno poco perché è pieno di meduse, che anche se dicono che non fanno niente, a me fanno una paura bestiale. La sera poi si può stare al bar qua in spiaggia o andare al “Raggea Bar”, appena fuori il resort, il locale non per turisti più frequentato di Kendwa, probabilmente perché l’unico. Ci sono andata un paio di volte a mangiare le patatine fritte, e c’è sempre qualcuno che beve e fuma, a qualsiasi ora del giorno.

Anche qui c’è chi si offre di accompagnarmi nelle prossime tappe, promettendomi una vacanza “indimenticabile” e di sperimentare la “vera” Zanzibar con la gente del posto. Io ascolto per cortesia e resto zitta, non sapendo più come rispondere.

Uno dei ragazzi che lavorano alla reception mi ha appena detto che è molto “disappointed” perché ieri sera non sono tornata da lui. Mi doveva parlare.

“Di cosa?”

“Della mia Ong. Ho questo progetto per insegnare ai bambini dell’asilo e avevo bisogno di un tuo parere”.

Non so che tipo di consiglio gli potrei dare su come insegnare ai bambini dell’asilo e perché il mio parere sarebbe più utile di quello che uno dei suoi veri amici gli può dare, ma ormai ho tradito la sua fiducia, non importa più.

Kendwa beach zanzibar

18h15 Il sole stra tramontando sull’oceano davanti a Kendwa. Tutti corrono a fare foto. Eppure nessuna foto può riprodurre la magia di questo momento, la calma e l’energia allo stesso tempo. Sto bevendo un Sex on the Beach mentre prendo gli ultimi raggi di sole (l’unica debolezza che mi concedo durante la giornata), ma non non credo sia questo che mi da i brividi. Comunque oggi è stato soleggiato per tutto il giorno o quasi, per la prima volta in 6 giorni, eppure non mi sembra di essere diventata molto più nera di ieri, nonostante tutta la fatica. Probabilmente più nera di così non posso diventare. Un tipo sta suonando il bongo con la schiena appoggiata a un palo e lo sguardo rivolto alla palla rossa che è il sole. A cosa starà pensando? Davvero me ne voglio andare domani? In un posto dove non ci sono tramonti sul mare ma solo albe? Ho preso l’abitudine di svegliarmi alle 7, già troppo tardi per l’alba.

kendwa sunset zanzibar

18h43 Non so cosa mi prenda ma non riesco a socializzare con gli altri Mzungo. Stanno giocando a beach volley e ne avrei una gran voglia anch’io, ma non riesco ad avvicinarmi. Di solito trovo la scusa “sono pari in squadra, che vado a intromettermi a fare?”; ora sono 5 contro 3 e c’è anche un mio amico swahili che gioca, ma ormai è buio e finiranno presto, mi dico. Sarà per la prossima volta. Domani mattina ce la farò ad andarmene? Stamattina avevo già preparato lo zaino e poi quando son venuta in spiaggia a fare colazione non ce l’ho fatta a partire. Ho paura che mi mancherà il tramonto nella costa ad Est dove voglio andare. Ma se succederà posso sempre tornare presto a Stone Town, dove conosco i posti giusti per mangiare ai prezzi giusti. C’è anche la musica che mi trattiene qui. Dal bar in spiaggia fanno sempre sentire della bella musica, soprattutto durante il giorno, tipo Buddha Bar, mentre la sera è un po’ più dance. Tipo adesso, quando solo il mio culo è fermo sopra la sedia, mentre tutto il resto è in movimento. E’ una canzone che si sente sempre anche in Italia, anche se non so chi la canti, qualcuno tipo Rihanna, e non so come mai non mi ha mai fatto questo effetto. Musica tutto il giorno tranne oggi, perché siamo stati senza corrente per quasi tutto il tempo e ancora ora ogni tanto salta. Hanno un generatore per l’occasione, ma evidentemente non lo usano durante il giorno, quando ci si vede lo stesso, mentre adesso la musica riparte dopo qualche secondo.

kendwa beach at sunset

Due italiane stanno cercando di ordinare la loro cena a un tavolo vicino al mio.

Stasera un ragazzo mi aspetta al Raggae Bar, un altro alla reception, due qui in spiaggia. Come farà ad accontentarli tutti? mi sa che me ne andrò a letto presto come ieri sera, così non devo neanche fare la fatica di scegliere.

Sono le 7.28. Meglio che intanto vada a cenare o non mi restano più neanche i fagioli.

Mwanda. Si è appena presentato mentre stavo collegando il computer. Vive 2 chilometri a sud, in una capanna lungo la spiaggia, ed è felice che ci sia presto la luna piena perché il pannello solare che usa per produrre elettricità serve a malapena per avere un po’ di luce in casa. Questo mi ricorda che sabato ci sarà il “Full Moon party” proprio qui. Ci sarà gente da tutta Zanzibar per l’evento. Ancora più del solito, mi dice Mwanda, perché è l’ultimo party prima di Ramadan. Devo assolutamente andarmene prima. Per vivere alleva galline e capre, mentre delle donne coltivano alghe sulla spiaggia davanti a casa sua. Ha vissuto in Germania, ma dopo 7 anni gli è venuta una grande nostalgia di Zanzibar, il che non sorprende. Troppo freddo il mare lì. Anche lui mi ha invitata ad andare nella costa ad Est, nonostante gli avessi appena detto che questi inviti sono uno dei motivi perché non sorrido tanto alla gente di qua. Ho già visto due stelle cadenti. Sono in spiaggia, perché c’è un punto dove internet prende di più; però ho la batteria quasi scarica. E le zanzare mi stanno mangiando. Ho mangiato calamari alla griglia per cena, con riso e patatine fritte. Buoni. Prima di salutarmi perché mi vede occupata con le mie cose e non mi vuole disturbare (-.-), mi consiglia lemongrass per tenere le zanzare lontane. Ok. Notte.