Stamattina in un negozietto dove mi son fermata a bere una coca ho conosciuto un ragazzino molto sveglio. 13 anni, parlava un buon inglese, e mi diceva che la situazione del suo paese non è buona. Siccome gli ho detto che vengo da un posto vicino a Venezia, mi ha raccontato di Marco Polo, nato nel 1254 o qls del genere, che è partito da Venezia ed è andato in Cina, dove è rimasto per 17 anni, diventando buon amico dell’imperatore. Ah, la coca cola era per uccidere eventuali batteri contenuti nella bibita che ho preso per colazione. Appena uscita dall’albergo stamattina, alla ricerca disperata di qualcosa da mangiare, ho visto della gente che beveva sto coso giallo, e mi sono incuriosita. Solo che era freddo, non dovrei bere cose non bollite o non in bottiglia. Questo probabilmente era fatto con la loro acqua della fontana e della farina di mais sembrava. Piuttosto denso. Non il mio drink favorito direi. E aspetto cagotto in arrivo any time.
Comunque è bello camminare per strada. Janakpur è diversa dagli altri paesi del Nepal che ho visto. E’ piuttosto grigia e polverosa, strade con poche macchine, tante bici e tanta gente a piedi. Ed ho incontrato solo un altro occidentale, australiano.
Stamattina mentre camminavo per la strada sentivo preghiere e canti provenire da altoparlanti. Mi sono seduta sugli scalini di un tempio, circondato da tanti piccoli altari, ed osservavo la gente intorno a me. Una famiglia (l’uomo vestito di un bianco immacolato) è entrata con una scorta di uomini armati. Nei templi sacerdoti vestiti di stracci, magrissimi; donne con braccialetti ad entrambe le caviglie e piedi rossi. Un tizio vende giornali ed altri leggono lì intorno, seduti sugli scalini del tempio pure loro. Una mucca attaccata ad una colonna del tempio. Con la fronte rossa pure lei. Un tizio che mugugna mentre prega. In un altro tempio due tizi vestiti di bianco seduti per terra che parlano, uno con un gran barbone grigio, e il solito striminzito che porta loro acqua per lavarsi le mani. La mucca è sacra per gli induisti. E’ considerata la “madre” degli induisti, mi sembra di aver capito da un tizio sul bus ieri. Poveri induisti, chissà come si sentono quando emigrano in Europa e vedono il trattamento riservato alla loro bestia sacra… Ce ne sono così tante che vagano in giro per la città , sembrano a passeggio pure loro; la gente ci cammina intorno, perlopiù ignorandole, a volte si fermano a mettere la polvere rossa (il tikka) sulla loro fronte. Son belle ste mucche bianche con la fronte rossa. Mi chiedo se hanno un proprietario e come fanno a ritrovarle?
C’è un sudoku sulla pagina del Kathmandu Post che hanno usato per incartare i miei specchietti. E ho paura a fare le puzzette, nel caso mi sia arrivata la diarrea.
Janaki Mandir
Nel pomeriggio sono andata al Janaki Mandir, un tempio che la Lonely Planet paragona al Taj Mahal. Bellissimo in effetti, diverso da tutti gli altri templi che ho visto in Nepal. Dedicato a Rama e Sita, marito e moglie. Le donne indossavano i loro sari più belli per l’occasione.
C’era pure un tipo con un lenzuolo bianco tra le gambe e i capelli raccolti in una coda, bel selvaggio, come piace a me. Non so se fosse un sacerdote o se stesse studiando per diventarlo, ma è passato un paio di volte per il cortile del tempio portando legna.
Mentre stavo lì seduta ad ammirare la gente intorno a me, c’era sempre qualcuno che si avvicinava per parlarmi. Le solite domande. Un tipo però si è distinto dalla massa. Mi ha fatto un vero e proprio interrogatorio. Libro favorito, hobbies, films etc. Mi ha chiesto cosa penso della situazione politica del Nepal. Boh? Dimmi tu. Non molto buona dice. Ce l’ha con i maoisti, che nonostante siano riusciti a entrare a far parte del governo, non sono ancora contenti e vogliono governare da soli e causano un sacco di casini. Sono come HitlerS, diceva. Gli piaceva dire “it means”, “vuol dire”. Tipo “do you eat meat?” yes. “It means you are not vegetarian”. “Do you speak nepali?” ? no. “It means you cannot understand nepali”. Molto acuto nelle sue osservazioni. Boh, forse sentiva il bisogno di sottolineare qualcosa. Mentre mi parlava non riuscivo a smettere di fissare il sudore che gli si era formato tra il naso e la bocca. Molta gente qui si lamenta del governo. Dicono che è corrotto e si intasca il 95% degli aiuti internazionali. Peccato. Il Nepal avrebbe bisogno di un buon governo che faccia riprendere l’economia. La gente merita di vivere una vita migliore.
La sera mi son fermata a bere una spremuta di arance minuscole e ho visto che tutti prendevano una bibita bianca, un po’ densa. Ho scoperto che era un curd lassi (frappè di non so cosa, sapeva di yoghurt bianco e limone). Buonissimo. Chissà come lo fanno. Rinfrescante, fa proprio piacere con il caldo che c’è qua. Ci son tornata dopo cena (a base di pesce fritto salatissimo) e ne ho bevuti altri due. Chissà se riuscirò a bere lassi anche in India? (yess, tantissimi 🙂 )
Beh, sono stata sorpresa dall’ospitalità e simpatia della gente di qui. All’inizio pensavo fossero un po’ indiani, intrusivi e curiosi, ma in realtà sono stati una piacevole compagnia durante questa mia giornata in giro per il paese.
Londra è una delle mie città preferite ed è in continua evoluzione, in pochi anni costruiscono un grattacielo e lo skyline cambia sempre. E’ una città da vedere dall’alto, e questi sono i miei posti preferiti da cui guardare il panorama.
Greenwich
Pur facendo parte di Londra, Greenwich sembra un villaggio e costituisce una bella gita di una giornata. Ci si può arrivare con la metropolitana (la DLR – sopraelevata – fino a Cutty Sark o Greenwich) dal centro di Londra, ma a me piace arrivarci in traghetto. Un traghetto pubblico da Westminster a Greenwich è una bella mini crociera sul Tamigi ad un ottimo prezzo (9.40 sterline ad Aprile 2023, 8.20 con la travelcard).
A Greenwich consiglio di fare un giro in centro, al mercato per vedere cosa vendono gli artigiani locali e per pranzare, prima di andare al parco e al Royal Observatory.
In cima alla collina del parco, dove si trova l’osservatorio, potete vedere la linea del Meridiano Zero e da lì potete anche godervi una bella vista dei Docklands e del resto della città .
All’ultimo piano della National Potrait Gallery c’è il Potrait Restaurant con una bella vista su Trafalgar Square e la statua di Nelson, il Parlamento e il Big Ben.
La National Portrait Gallery merita una visita (l’entrata è gratuita), anche solo per la curiosità di vedere come la moda è cambiata nel corso dei secoli (e le pettinature maschili in particolare :)).
Al ristorante potete bere qualcosa mentre vi gustate il panorama o chiedete di dare solo un’occhiata.
Sfortunatamente la galleria al momento è chiusa per lavori, la riapertura è prevista il 22 giugno 2023.
Nella South Bank, la mia area preferita per una passeggiata, c’è la Tate, una galleria ad entrata libera (tranne alcune esibizioni temporanee che sono a pagamento).
All’ultimo piano dell’edificio a destra (il Blavatnik Building) c’è una terrazza con la mia vista preferita su Londra. Mi piace andarci poco prima del tramonto per vedere la luce che cambia e il sole che si riflette sui grattacieli.
C’è una vista spettacolare su St. Peter’s, appena al di là del fiume.
Sky Garden
Questo posto è relativamente recente. Il grattacielo che ospita lo Sky Garden fu progettato nel 2004 e i lavori di costruzione furono conclusi nel 2014.
La visita allo Sky Garden è gratuita, ma bisogna prenotare in anticipo. Oppure si può prenotare un tavolino per un aperitivo o un pranzo al caffè sullo stesso piano, per passare una bella ora godendosi la vista in tranquillità . E’ necessario entrare all’ora prenotata, ma si può rimanere quanto si vuole.
E’ il giardino più alto di Londra, con una vista a 360 gradi su tutta la città . Un’esperienza che non ha prezzo e che si può gustare gratuitamente.
Sembra che la vita sia tornata alla normalità dopo il Covid, anche a Londra, anche se tra pandemia e Brexit i prezzi sono volati alle stelle! Sì, Londra può essere molto cara ma anche gratuita in tante attrazioni che non ci aspetteremmo (tipo questi punti panoramici che vi suggerisco nell’articolo, e molti musei).
Il profumo, la decadenza, gli jineteros: ecco La Havana come l’ho vissuta io.
La Havana è una città interessante e curiosa. Ha un fascino come poche, ma è anche soffocante, con le case che cascano e la gente che ti vuole solo fregare.
Il primo aspetto di L’Havana che mi viene in mente è il suo profumo. O meglio, odore. Gasolio. Inquinamento. Soffocamento. Il gasolio si sente ovunque: per le strade, sotto forma di fumi neri sbuffati dalle vecchie macchine americane – che sono diventate l’immagine di Cuba e ne hanno fatto la fortuna, ma ti tolgono il respiro. Sugli autobus, dai buchi nella lamiera. In camera, quando anche al quinto piano vieni svegliato di notte da un forte odore di gasolio e devi chiudere la finestra e accendere l’aria condizionata anche se non ti piace.
La decadenza. Sembra che la città possa cadere in frantumi da un momento all’altro. C’è una zona attorno alle quattro piazze di La Havana Vieja che è stata ristrutturata ed è deliziosa. Appena si gira l’angolo casca tutto. Dalle terrazze sui tetti delle case particular e di alcuni alberghi si vede tutto, e si nota ancora di più la decadenza. Le pareti che danno sulla strada magari sono state riparate, ma da dietro si vedono il grigio e i buchi, muri mancanti, muri collassati.
Decadenza a La Havana: parti crollate di edifici trovano nuovi usi.
Gli Jineteros sono i professionisti del fregare i turisti; riescono a convincerli a comprare merce di pessima qualità o a stare in una casa particular o a mangiare in un ristorante dove si prendono una bella commissione.
Il giorno dopo abbiamo “casualmente” incontrato un’altra coppia lungo il Malecon (il lungomare) de La Havana, sempre molto simpatici; lui parla un mix di italiano e spagnolo con Luca, lei mi racconta di quanto è bella Cuba, con la sua educazione gratuita (tutti laureati che però non sanno parlare inglese … ??), la sanità gratuita (peccato che nelle farmacie non si trovi niente), la sicurezza gratuita (e infatti tutti vivono con delle grate alle finestre e alle porte anche se sono al quinto piano). Ci hanno portati in un posto dove un artista vende le sue opere e il ricavato va a sostegno di una scuola per bambini autistici (grazie ma non mi piace) – dove si beve il negron, un cocktail buonissimo, unico posto a Cuba (grazie ma non ho sete) – e qui costa tutto tantissimo, mi regaleresti mica un po’ di latte per il bambino? (scusa ma arrivi tardi)
La prima volta sei contento, pensi “che simpatici sti cubani” (e il tipo con cui stai parlando te lo conferma lui stesso). Poi ti rendi conto che i soli cubani che vengono a parlare con te sono quelli che vogliono infinocchiarti. E allora un po’ ti metti sulla difensiva e la tua vacanza prende una sfumatura diversa.
Sarebbe stato meglio prendere un’auto privata da Yazdper venire a Shiraz, che si fermava a vedere Pesargade e Persepoli, sarebbe costata 110 USD ma avremmo risparmiato una giornata. Se avessimo trovato qualcun altro con cui dividere il costo l’avremmo fatto; invece siamo qui che aspettiamo il pullman. Con l’autobus alla fine siamo arrivati alle 5 del pomeriggio.
Dopo essere arrivati a Yazd sull’autobus da Fahraj, abbiamo scomodato due autisti per farci dire come arrivare alla stazione dei pullman; uno è addirittura sceso dal suo bus per correre dietro a uno in partenza e spiegargli dove portarci. Sotto la pioggia. Fosse stato da un’altra parte ci avrebbero detto “Prendetevi un taxi se non sapete dove andare”.
Colazione, bus Fahraj-Yazd, due bus per il Terminal (la stazione degli autobus a lunga percorrenza), mezz’ora di attesa, e si parte alle 10.40. Bus VIP con posti super-spaziosi e TV giusto davanti. Chissà che ci guardiamo un bel filmone romantico dove possiamo immaginare baci e abbracci (visto che in Iran non è ammessa l’espressione di affetto).
Ho visto pochi smartphone qui in Iran, meno che in Repubblica Dominicana o Tanzania. Sarà che non c’è internet ovunque? In realtà ho scoperto che una sim senza internet costa sui 3 dollari, con internet 10; magari costa un po’ troppo per uno di qua, ma il servizio c’è.
Gli italiani però che restano in Iran meno di 15 giorni possono fare il visto all’arrivo in aeroporto presentando:
– passaporto valido per almeno altri 6 mesi con due pagine frontali libere e senza timbro di Israele
– 2 fototessera (senza occhiali e senza cappello e senza velo)
– assicurazione sanitaria per il viaggio
– voucher dell’albergo in cui si starà almeno la prima notte o perlomeno nome e numero di telefono dell’albergo prenotato.
Tutto questo a febbraio 2015. Le regole cambiano in continuazione, quindi è meglio controllare con l’ambasciata/consolato prima di partire.
Traffico sciolto per fortuna. In direzione opposta un incidente ha provocato chilometri di coda. Per fortuna non succedeva di qua, sennò si stava a casa.
Fiuuu. Saluto mia mamma che se ne può tornare a casa senza di me, e passo il controllo passaporti e bagaglio a mano.
La mia amica Paola mi spiega che fino a poco tempo fa era richiesto questo pre-visto, ora non più. Quindi cara amica mia del check-in, meglio che fai un update del computer che qua mi hai fatto perdere cinque anni di vita.
Tra l’altro ci aspetta un viaggetto simpatico, come al solito. 3 ore fino a Istanbul, dove nevica (e infatti il volo che viene da là è in ritardo e di conseguenza anche il nostro), 5 ore di attesa in aeroporto a Istanbul, altre due ore di volo e alle 4 del mattino arriviamo. Metti che ci mettiamo anche due ore ad uscire da lì, e un’ora per arrivare in centro a Tehran, che facciamo fino alle 11 quando ci apriranno le porte dell’hotel? Colazione 4 ore? Non ho la minima intenzione di andare in giro per la città con lo zaino in spalla e senza aver dormito la notte.
Comunque vada, la prossima volta che andrò in Iran andrò a Milano e farò perdere una giornata di lavoro a chi viaggerà con me, ma mi farò il visto prima di partire, almeno posso dormire tranquilla.