Londra è una delle mie città preferite ed è in continua evoluzione, in pochi anni costruiscono un grattacielo e lo skyline cambia sempre. E’ una città da vedere dall’alto, e questi sono i miei posti preferiti da cui guardare il panorama.
Greenwich
Pur facendo parte di Londra, Greenwich sembra un villaggio e costituisce una bella gita di una giornata. Ci si può arrivare con la metropolitana (la DLR – sopraelevata – fino a Cutty Sark o Greenwich) dal centro di Londra, ma a me piace arrivarci in traghetto. Un traghetto pubblico da Westminster a Greenwich è una bella mini crociera sul Tamigi ad un ottimo prezzo (9.40 sterline ad Aprile 2023, 8.20 con la travelcard).
A Greenwich consiglio di fare un giro in centro, al mercato per vedere cosa vendono gli artigiani locali e per pranzare, prima di andare al parco e al Royal Observatory.
In cima alla collina del parco, dove si trova l’osservatorio, potete vedere la linea del Meridiano Zero e da lì potete anche godervi una bella vista dei Docklands e del resto della città.
I Docklands e la City visti da Greenwich Park
Anziché prendere la DRL da Greenwich per tornare in città, consiglio di camminare fino all’Isle of Dogs tramite il tunnel pedonale che passa sotto il Tamigi, per un’esperienza diversa. Lì si può prendere la DRL a Island Gardens o fare una passeggiata per Canary Wharf che è molto carina con i canali e i grattacieli.
National Portrait Gallery
All’ultimo piano della National Potrait Gallery c’è il Potrait Restaurant con una bella vista su Trafalgar Square e la statua di Nelson, il Parlamento e il Big Ben.
La National Portrait Gallery merita una visita (l’entrata è gratuita), anche solo per la curiosità di vedere come la moda è cambiata nel corso dei secoli (e le pettinature maschili in particolare :)).
Al ristorante potete bere qualcosa mentre vi gustate il panorama o chiedete di dare solo un’occhiata.
Sfortunatamente la galleria al momento è chiusa per lavori, la riapertura è prevista il 22 giugno 2023.
In tanti anni sono stata sul London Eye solo una volta (a quel tempo c’era un bello sconto per i titolari di una Travelcard, ora non sono riuscita a trovare niente al riguardo; però prenotando online si risparmia qualche sterlina, costa 30.50 sterline anziché 40, nell’aprile 2023. Mannaggia quant’è diventato caro!!).
Da lassù c’è una bella vista del Tamigi con i suoi ponti e le luci, il Parlamento e il Big Ben.
E’ l’unica vista panoramica di questa lista che ha un costo; l’ho inserita perché per chi non ci è mai stato può essere una bella esperienza (ma comprate online che almeno risparmiate 10 sterline).
Nella South Bank, la mia area preferita per una passeggiata, c’è la Tate, una galleria ad entrata libera (tranne alcune esibizioni temporanee che sono a pagamento).
All’ultimo piano dell’edificio a destra (il Blavatnik Building) c’è una terrazza con la mia vista preferita su Londra. Mi piace andarci poco prima del tramonto per vedere la luce che cambia e il sole che si riflette sui grattacieli.
C’è una vista spettacolare su St. Peter’s, appena al di là del fiume.
Sunset at St. Paul’s in London
Sky Garden
Questo posto è relativamente recente. Il grattacielo che ospita lo Sky Garden fu progettato nel 2004 e i lavori di costruzione furono conclusi nel 2014.
La visita allo Sky Garden è gratuita, ma bisogna prenotare in anticipo. Oppure si può prenotare un tavolino per un aperitivo o un pranzo al caffè sullo stesso piano, per passare una bella ora godendosi la vista in tranquillità. E’ necessario entrare all’ora prenotata, ma si può rimanere quanto si vuole.
E’ il giardino più alto di Londra, con una vista a 360 gradi su tutta la città. Un’esperienza che non ha prezzo e che si può gustare gratuitamente.
Sembra che la vita sia tornata alla normalità dopo il Covid, anche a Londra, anche se tra pandemia e Brexit i prezzi sono volati alle stelle! Sì, Londra può essere molto cara ma anche gratuita in tante attrazioni che non ci aspetteremmo (tipo questi punti panoramici che vi suggerisco nell’articolo, e molti musei).
Poiché viaggio spesso in economia, sono sempre alla ricerca delle migliori esperienze al minor costo, e andare in questi posti a godervi il panorama potrebbe essere tra le migliori cose che fate a Londra.
Il profumo, la decadenza, gli jineteros: ecco La Havana come l’ho vissuta io.
La Havana è una città interessante e curiosa. Ha un fascino come poche, ma è anche soffocante, con le case che cascano e la gente che ti vuole solo fregare.
Il primo aspetto di L’Havana che mi viene in mente è il suo profumo. O meglio, odore. Gasolio. Inquinamento. Soffocamento. Il gasolio si sente ovunque: per le strade, sotto forma di fumi neri sbuffati dalle vecchie macchine americane – che sono diventate l’immagine di Cuba e ne hanno fatto la fortuna, ma ti tolgono il respiro. Sugli autobus, dai buchi nella lamiera. In camera, quando anche al quinto piano vieni svegliato di notte da un forte odore di gasolio e devi chiudere la finestra e accendere l’aria condizionata anche se non ti piace.
La decadenza. Sembra che la città possa cadere in frantumi da un momento all’altro. C’è una zona attorno alle quattro piazze di La Havana Vieja che è stata ristrutturata ed è deliziosa. Appena si gira l’angolo casca tutto. Dalle terrazze sui tetti delle case particular e di alcuni alberghi si vede tutto, e si nota ancora di più la decadenza. Le pareti che danno sulla strada magari sono state riparate, ma da dietro si vedono il grigio e i buchi, muri mancanti, muri collassati.
Alba dal tetto della casa
La prima mattina siamo saliti sul tetto della nostra casa. Eravamo ancora con l’orario italiano, quindi nonostante la stanchezza del viaggio, alle 6 eravamo in piedi. Bella l’alba da lì. E un po’ alla volta si è vista la città svegliarsi. L’afa è terribile anche d’inverno (noi ci siamo stati a inizio dicembre), perciò porte e finestre sono sempre aperte e la vita si svolge principalmente sui terrazzi o in strada. Da una parte un signore si lava i denti guardando fuori dalla finestra. Una signora qualche casa più vicina scarica un po’ d’acqua dalla cisterna per lavare i panni. Dall’altra parte una ragazza si siede davanti alla porta di casa sulla sedia a dondolo col suo bimbo; accende la tv e allatta. Al piano di sotto una mamma pettina una bambina, che appena finito si mette a guardare la tv con i suoi fratelli finché non è ora di andare a scuola.
Decadenza a La Havana: parti crollate di edifici trovano nuovi usi.
Gli Jineteros sono i professionisti del fregare i turisti; riescono a convincerli a comprare merce di pessima qualità o a stare in una casa particular o a mangiare in un ristorante dove si prendono una bella commissione.
Il primo giorno ci siamo cascati in pieno. Del resto, sono bravissimi a riconoscere i nuovi arrivati. Pochi minuti dopo essere usciti di casa già avevamo comprato i sigari. “Oggi è il giorno in cui le famiglie hanno il permesso di vendere la loro parte di sigari, e costano molto meno che comprarli in fabbrica”. Ok. Fatto. Grazie. Normalmente non mi faccio abbindolare così, ma questo era proprio bravo, con i suoi sorrisi, le battutine, l’aspetto di chi ti puoi fidare. Peccato che anche il giorno dopo fosse “l’unico giorno”. Di che qualità siano questi sigari non si sa, perché tanto chi ci capisce qualcosa? Io nemmeno fumo!
Hai una caramella per i miei bambini?
Nel pomeriggio una ragazza simpatica ci aggancia e comincia a chiacchierare, chiede di dove siamo, ride, ci invita al bar favorito da Che Guevara (fatalità sotto casa sua) a bere un mojito che ci costerà 4 CUC (circa quattro euro , quando al bar di un hotel a 4 stelle costava 3 – probabilmente il suo prezzo normale in questa bettola sarebbe meno di un CUC), quindi 12 euro partiti (perché ovviamente non c’è stato bisogno di parlarne, ma il suo l’abbiamo offerto noi). Poi al supermercato a comprare del latte in polvere per il bambino (era partita con 5 sacchetti a 12 euro, ma per fortuna alla fine si è accontentata di 2) perché lei non lavora, lo Stato le passa qualcosa ma non basta, in due settimane ha già finito la razione mensile.
E il latte lo compri anche volentieri perché non è come dare soldi che magari li usa per bere altri 10 mojito (in realtà la bibita preferita dai cubani è il Cuba Libre, il mojito è per i turisti). No, latte per il bambino che è una cosa utile. Poi quando ci siamo salutati mi sono ricordata di aver letto da qualche parte che si fanno regalare il latte in polvere (perché è più facile che convincere a farsi dare dei soldi) e poi lo rivendono. Vabbé.
La bella faccia di La Havana
Il giorno dopo abbiamo “casualmente” incontrato un’altra coppia lungo il Malecon (il lungomare) de La Havana, sempre molto simpatici; lui parla un mix di italiano e spagnolo con Luca, lei mi racconta di quanto è bella Cuba, con la sua educazione gratuita (tutti laureati che però non sanno parlare inglese … ??), la sanità gratuita (peccato che nelle farmacie non si trovi niente), la sicurezza gratuita (e infatti tutti vivono con delle grate alle finestre e alle porte anche se sono al quinto piano). Ci hanno portati in un posto dove un artista vende le sue opere e il ricavato va a sostegno di una scuola per bambini autistici (grazie ma non mi piace) – dove si beve il negron, un cocktail buonissimo, unico posto a Cuba (grazie ma non ho sete) – e qui costa tutto tantissimo, mi regaleresti mica un po’ di latte per il bambino? (scusa ma arrivi tardi)
La prima volta sei contento, pensi “che simpatici sti cubani” (e il tipo con cui stai parlando te lo conferma lui stesso). Poi ti rendi conto che i soli cubani che vengono a parlare con te sono quelli che vogliono infinocchiarti. E allora un po’ ti metti sulla difensiva e la tua vacanza prende una sfumatura diversa.
Tassisti a La Havana
Nonostante tutte le delusioni, ho voluto passare altre 3 notti a La Havana prima di tornare in Italia. Perché, pur con i suoi difetti, una città affascinante come La Havana io non l’ho vista mai.
Sarebbestato meglio prendere un’auto privata da Yazdper venire a Shiraz, che si fermava a vedere Pesargade e Persepoli, sarebbe costata 110 USD ma avremmo risparmiato una giornata. Se avessimo trovato qualcun altro con cui dividere il costo l’avremmo fatto; invece siamo qui che aspettiamo il pullman. Con l’autobus alla fine siamo arrivati alle 5 del pomeriggio.
Dopo essere arrivati a Yazd sull’autobus da Fahraj, abbiamo scomodato due autisti per farci dire come arrivare alla stazione dei pullman; uno è addirittura sceso dal suo bus per correre dietro a uno in partenza e spiegargli dove portarci. Sotto la pioggia. Fosse stato da un’altra parte ci avrebbero detto “Prendetevi un taxi se non sapete dove andare”.
Colazione, bus Fahraj-Yazd, due bus per il Terminal (la stazione degli autobus a lunga percorrenza), mezz’ora di attesa, e si parte alle 10.40. Bus VIP con posti super-spaziosi e TV giusto davanti. Chissà che ci guardiamo un bel filmone romantico dove possiamo immaginare baci e abbracci (visto che in Iran non è ammessa l’espressione di affetto).
Ho visto pochi smartphone qui in Iran, meno che in Repubblica Dominicana o Tanzania. Sarà che non c’è internet ovunque? In realtà ho scoperto che una sim senza internet costa sui 3 dollari, con internet 10; magari costa un po’ troppo per uno di qua, ma il servizio c’è.
“Autogrill” lungo le strade iraniane
21h20 Al Niayesh Boutique Hotel. Abbiamo preso l’ultima stanza libera al Niayesh, quindi magari se venivamo in auto e arrivavamo per le 7 (perché ci vogliono un paio d’ore solo per visitare Persepolis, più le necropoli e Pesargade) ci toccava cercare un altro posto. E sarebbe stato un peccato perché il Niayesh è l’unico hotel in una casa tradizionale, vale a dire una di quelle con il cortile interno e le stanze attorno. E’ un punto di ritrovo per turisti, quindi speriamo di trovare qualcuno con cui andare a Persepolis, altrimenti ci tocca prendere il bused è un po’ più un casino, soprattutto per Pesergade.
Abbiamo cenato al ristorante dell’hotel ed era tutto buonissimo.
Quindi siamo arrivati a Shiraz verso le 5; l’ultima ora sul pullman da Yazd ci ha intrattenuti l’unico bimbo mulatto visto finora qui. Arrivati a Shiraz, abbiamo preso il bus 79 dal Terminal all’hotel. E subito la gente ha cominciato a parlarci; vogliono sapere da dove siamo e se ci piace l’Iran. Molto diverso dalle altre città, si vede che è una città più aperta, quasi metropolitana. Volevano mandarci all’hotel Shiraz. 5 stelle. Quando saremo ricchi magari. Un vecchietto è sceso dal bus con noi, ci ha pagato i biglietti e ci ha accompagnati all’hotel, fermandosi ogni 5 minuti per chiedere info ai negozianti ed essere sicuro che fossimo sulla giusta strada. Anche quando abbiamo visto le prime indicazioni per l’hotel, non ci ha lasciati finché non abbiamo trovato l’entrata. Boh. Io non ho mai vissuto un’ospitalità del genere.
Appena messe giù le valigie e fatta la pipì siamo stati a vedere l’AMRAGH-E SHAH-E CHERAGH, uno “shrine” dove sono sepolti due fratelli di Mir Ahmad (o forse è il Boghe-ye Sanyed Mir Mohammad). Un casino mettermi lo chador, ma sono stati molto gentili. Ci hanno accompagnati all’ufficio “relazioni internazionali” dove ci hanno offerto il tè. Poi ci hanno accompagnati alle due tombe. Mura e soffitti ricoperti di pezzetti di specchio. Entrate separate per maschi e femmine, Luca è andato per conto suo con il suo accompagnatore. Dentro la gente pregava e piangeva per sfogarsi del dolore causato da malanni e preoccupazioni. Molto toccante. Altri invece guardavano il telefono e facevano le bolle con la gomma da masticare. A me hanno fatto mettere giù la macchina fotografica all’entrata, mentre Luca ha fatto foto con il cellulare. La ragazza che mi accompagnava è una studentessa di sociologia che una volta a settimana fa la volontaria lì. Mi ha spiegato dei sassi che si mettono per terra e la fronte li deve toccare quando ci si piega per pregare, così le energie negative escono dal corpo e vanno sul pavimento, mentre quelle positive entrano. Allah ha 1000 e uno nomi che sono scritti tutti nel Corano. Il verde è il colore dell’Islam perché Maometto vestiva di verde, + il paradiso sarà verde pieno di piante; l’oro è un altro colore dell’Islam perché boh, il blu perché collega non so che. Una signora ha chiesto alla mia giovane guida se è sposata; lei ha risposto di no. Vuole finire gli studi prima di sposarsi, ma le fanno spesso questa domanda; probabilmente hanno un figlio da sposare e lei sembra una brava ragazza.
Per entrare in Iran è necessario avere il visto, che si può fare ai consolati che in Italia sono a Milano e Roma. Bisogna presentarsi personalmente perché si lascia l’impronta digitale, oltre ai vari documenti, quindi è piuttosto scomodo per chi non abita vicino a quelle città. Inoltre bisogna mettere in conto almeno un mese di tempo, anche se il Consolato dice che in una settimana è pronto.
Gli italiani però che restano in Iran meno di 15 giorni possono fare il visto all’arrivo in aeroporto presentando:
– passaporto valido per almeno altri 6 mesi con due pagine frontali libere e senza timbro di Israele
– 2 fototessera (senza occhiali e senza cappello e senza velo)
– assicurazione sanitaria per il viaggio
– voucher dell’albergo in cui si starà almeno la prima notte o perlomeno nome e numero di telefono dell’albergo prenotato.
Tutto questo a febbraio 2015. Le regole cambiano in continuazione, quindi è meglio controllare con l’ambasciata/consolato prima di partire.
Io credevo di avere tutto a posto (tranne l’assicurazione che vabbé ho fatto un’assicurazione di viaggio normale che include le spese mediche, dovrebbe andare bene), quando ieri sera alle ore 23, che ero già pronta a mettermi a dormire, mi arriva una mail dell’hotel che avevo prenotato a Tehran, il Firouzeh: non mi possono confermare la camera perché è successo che il visto è stato negato a turisti che avevano prenotato da loro; se la polizia di frontiera li chiama per controllare la prenotazione, negheranno di averne. Pensavano che avessi il visto già fatto. Tutto questo a 15 ore dalla partenza, con la notte in mezzo che è notte anche in Iran, e un giorno poco più dall’arrivo in Iran dove devo mostrare la prenotazione dell’albergo. Comincia l’agitazione. Accendo Sanremo per calmarmi ma fa peggio (pensano di far ridere Conti e le due ancelle?). Se almeno me l’avesse detto un po’ prima potevo contattare qualche altro hotel, no?
Dopo un po’ mi arriva un’altra email del signor Mousavi, che mi consiglia di contattare l’hotel Gollestan. Ha già chiamato lui il tipo alla reception, ha detto che mi confermerà subito la prenotazione. Ok, mando una mail, aspetto mezz’ora e nessuna risposta. Ho gli occhi che bruciano dal sonno ma come faccio a dormire? Niente. Alla fine mi addormento senza sentire niente. Lascio il cellulare acceso, per sentire l’arrivo di eventuali email. Non sento niente, ma alle 4 mi sveglio e una mail è arrivata. Ovviamente non è che mi confermano subito, vogliono sapere se voglio la camera con bagno o senza. E chissenefrega? Dormo anche per terra, basta che mi facciate entrare in Iran! Rispondo e mi rimetto a dormire. Alle 6 mi risveglio; altra mail: voglio una twin o una double? Davvero? Dai, mandame sta cacchio de confirmation che fra 4 ore parto da casa! Da lì in poi è stata dura rimettermi a dormire, ma in qualche modo ci sono riuscita e alle 7.30 avevo la mia bella conferma della prenotazione e un gran sonno.
Vabbè, stampo la prenotazione ché non si sa mai, stampo gli orari del volo di ritorno che me n’ero dimenticata e partiamo.
Traffico sciolto per fortuna. In direzione opposta un incidente ha provocato chilometri di coda. Per fortuna non succedeva di qua, sennò si stava a casa.
All’aeroporto a Bergamo la signorina del check-in mi vuol far prendere un colpo. Hai il pre-visto o un numero di riferimento? EHH?? Che pre-visto? Sì, serve il visto o il pre-visto per andare in Iran. Guarda, se vuoi ti faccio vedere la mail del consolato dove mi dicono che posso fare il visto all’arrivo e spiegano cosa devo portare. Mi avevano anche consigliato di chiamare Pegasus per verificare che la compagnia non mi facesse problemi al check-in, cosa che io ho fatto, e la signorina mi ha detto che posso andare tranquilla, non ci saranno problemi. Devo vedere la conferma di Pegasus che può partire, perché qui dal sito bla-bla dove è spiegato cosa è richiesto per entrare in ogni paese, è chiaro che serve il visto o il pre-visto. Beh, la conferma della Pegasus non te la posso far vedere perché me l’hanno detto per telefono; se vuole le faccio vedere la mail del consolato. “Me ne fotto della mail del consolato” (cioé, non ha detto proprio così, ma il senso era quello). Aspettate lì nell’angolo dei somari finché controllo con il mio superiore cosa fare. Dopo 15 minuti di imbarazzo e di cuore palpitante arriva il lasciapassare dall’alto. Ma cosa sarebbe sto pre-visto? Non ne ho letto da nessuna parte, altrimenti lo facevo! Bisogna andare in agenzia? No no, si fa in internet. Boh. Lei riduce i toni, mi spiega che TUTTI quelli che vanno in Iran ci vanno con il pre-visto e quindi c’ha comunque ragione lei. Vabbé, me ne frego di quel che sei convinta tu, basta che mi fai andare.
Fiuuu. Saluto mia mamma che se ne può tornare a casa senza di me, e passo il controllo passaporti e bagaglio a mano.
La mia amica Paola mi spiega che fino a poco tempo fa era richiesto questo pre-visto, ora non più. Quindi cara amica mia del check-in, meglio che fai un update del computer che qua mi hai fatto perdere cinque anni di vita.
Ora sono tranquilla, ma finché non avrò messo piede fuori dall’aeroporto IKA di Tehran non sarò sicura che questo paese che si preannuncia bellissimo voglia farsi vedere da me.
Tra l’altro ci aspetta un viaggetto simpatico, come al solito. 3 ore fino a Istanbul, dove nevica (e infatti il volo che viene da là è in ritardo e di conseguenza anche il nostro), 5 ore di attesa in aeroporto a Istanbul, altre due ore di volo e alle 4 del mattino arriviamo. Metti che ci mettiamo anche due ore ad uscire da lì, e un’ora per arrivare in centro a Tehran, che facciamo fino alle 11 quando ci apriranno le porte dell’hotel? Colazione 4 ore? Non ho la minima intenzione di andare in giro per la città con lo zaino in spalla e senza aver dormito la notte.
Comunque vada, la prossima volta che andrò in Iran andrò a Milano e farò perdere una giornata di lavoro a chi viaggerà con me, ma mi farò il visto prima di partire, almeno posso dormire tranquilla.
New York: che emozione! Mi è venuto in mente in aereo che saremmo potuto stare un paio di notti qui. Vabbè, ci torneremo con più calma.
Starbucks. I 3,50 USD più ben investiti della mia vita: un caffè e un bel bagno dove fare la pipì e lavarsi le mani. Un divanetto dove riposare i miei piedini stanchi. Una finestrona da cui guardare la gente in strada.
11 Marzo 2014, 6.40 am (11.40 in Italia)
Al JFK in attesa dell’imbarco.
Per aver dormito solo un paio d’ore (faceva troppo freddo il pavimento stanotte!) sono piuttosto in forma. Spero mi diano in fretta qualcosa da mangiare, e qualcosa di decente, se non è chiedere troppo. Per fortuna ieri sera un ragazzo sulla metro ci ha svegliati e ci ha detto che dovevamo cambiare treno per andare in aeroporto, altrimenti saremmo ancora lì sopra. Eravamo talmente stanchi che ci siamo entrambi addormentati come sassi. Dalle 4 del pomeriggio (ci è voluto un bel po’ per uscire dall’aeroporto, tra controlli e metro) alle 10 di sera ci siamo fatti tutta Manhattan a piedi, dal laghetto di Central Park, ancora ghiacciato, fino a Chinatown, passando per la Fifth Avenu, il Rockfeller Centre, Times Square, la Central Station (che adoro), e abbiamo anche osato attraversare il Brooklyn Bridge a piedi, come se non fossimo abbastanza sfiniti. Che romantici però 🙂 (in realtà eravamo troppo stanchi per esserlo).
8.30
In aereo verso il caldo. Sono un po’ scomoda per andare in bagno, dovrei chiedere al mio vicino di alzarsi e non ne ho voglia. Ho caldo ai piedi, i pantaloni un po’ strappati (mia mamma si lamentava che avevano due macchie già prima di partire, che sarà mai?) e incollati al sedere. Luca è seduto cinque posti più indietro. Quando mi giro vedo la sua piazzetta lì davanti <3. Chissà come se la cava con le lingue da solo. Siamo in volo da un’ora credo. Non so a che ora siamo partiti perché mi sono addormentata prima ancora che finisse l’imbarco. L’aereo è completamente pieno, soprattutto di neri, non so se dominicani, potrebbero anche essere americani che vanno in vacanza. Dai, portatemi il caffè così posso tornare a dormire.
I have always loved traveling, since I was in my mother's womb. I love to see new places, meet new cultures, eat the food of the world. Recently I discovered that pictures can sometimes show more than I can do in words.