Riflessioni dal bus.

Riflessioni dal bus.

12 Marzo 2014, secondo giorno in Rep Dom.

8.39 am

Fatta colazione. Due toast con burro e una sottiletta, un succo e un caffè. Vabbè, non è granché, ma meglio della cena di ieri sera (che non c’è stata). Il pranzo di ieri invece è da ripetere. Andiamo verso Los Patos. Con calma oggi, ché siamo ancora stanchini.

10.58 am

Sul bus per Barahona. Se riusciamo ad arrivare a Los Patos senza problemi prima di sera possiamo veramente dichiararci fortunati. Il bus è quasi pieno, non dovremmo aspettare molto. Anzi, si parte già! Ottimo! In teoria sono 2.5 ore per Barahona, poi boh, forse un’ora? Non abbiamo chiamato l’hotelito italiano là, ma contiamo di trovare posto, visto che il nostro hotel in La Capital era occupato solo da un maschio borrachone oltre a noi.

Una signorina seduta davanti a Luca si è girata la bocchetta dell’aria condizionata in modo che lo spiffero le asciughi l’ascella. L’ho vista mentre si sedeva che i peli le crescevano a vista d’occhio per l’umidità. 500 pesos in due per andare a Barahona, quasi 10 euro. Dovrebbero buttar giù un po’ di case e fare qualche rotatoria in più, c’è troppo casino per attraversare una strada trafficata.

Non è facile comunque comunicare. Il bello è che Luca in italiano si fa capire meglio di me, che cerco di sfruttare quel poco che mi ricordo dello spagnolo. E poi ha imparato a dire “Por favor” e “gracias” e ha scoperto che “escucha” non vuol dire “scusa” :). Come mi ha appena fatto notare il barbuto seduto vicino a me, il fatto che il bus sia partito subito ci ha fatto recuperare quasi interamente l’ora che abbiamo perso stamattina per cercare un bancomat che funzionasse. Dopo che abbiamo provato inutilmente in 3 diversi bancomat, Luca cominciava ad agitarsi: “E ora? Che facciamo?”. Beh, con tre diverse carte, un po’ di contante per le emergenze e la possibilità di farsi mandare soldi con Money Transfer o altri mezzi, sono abbastanza sicura che non ci troveremo a dormire per strada perché finiamo i soldi.

Siamo per strada e io non me ne intendo, e Luca meno di me, ma c’è questa musica latina che ci accompagna lungo il viaggio (forse merengue?); niente male. Un compagno di viaggio sta cantando la canzone che danno alla radio in questo momento.

L’autobus passa vicino a villaggi dalle casette a un piano, molte dai tetti a terrazzo, alcune coi tetti spioventi, a volte coperti di rami di palma. I ragazzini tornano da scuola, camicetta azzurra e pantaloncini kaki. Meglio dei ragazzi de La Capital, che vendono arance sui marciapiedi.

La radio non prende più purtroppo, quindi ora si guarda un film cinese demenziale, tipo quelli con Jackie Chan (senza offesa per Jackie Chan, ma non sono il mio stile).

Siamo a Bani. Da un ponte che passa sopra un fiume quasi completamente asciutto si vedono dei bimbi che fanno il bagno felici nella poca acqua rimasta, vicino a dei sacchetti di rifiuti lanciati chiaramente dal ponte stesso.

Stavo pensando che è una fortuna che la Repubblica Dominicana sia così piccolina: non dovremo fare quei viaggi in bus sgangherati da 8-10 ore che in Tanzania mi facevano scoppiare il mal di testa. E comunque le strade sono asfaltate (sono circa 5 cm più alte del ciglio, perché a quanto pare non stanno lì a grattare via l’asfalto vecchio, accumulano strato su strato, finché possono).

Ci sono scritte sugli autobus (Confia en Dios) e citazioni per strada con contenuti religiosi di stampo cristiano: i missionari qui sono riusciti bene nel loro lavoro.

Avremmo da imparare da loro per quanto riguarda l’evitare gli sprechi: una sola targa, sul retro dell’automobile; il nome dei negozi e annunci vari (a vender, a alguilar) scritti direttamente sui muri, senza bisogno di cartelli.

Nonostante le donne di qua abbiano il sedere piuttosto largo e cellulitico, gli uomini si girano a guardarlo senza troppo nascondersi, più per abitudine che per vero interesse, e se il fondoschiena in questione appartiene a qualche ragazza carina accompagnano la controllatina a qualche commento poco galante. Ma le donne qua ci sono abituate, guardano avanti e continuano per la loro strada senza battere ciglio.

Sosta per il pranzo. C’è un profumo di fritto e di salsine deliziose ora sul bus! Noi invece abbiamo preso un sacchettino di anacardi. Quando voglio qualcosa da mangiare non devo più chiedere a Luca se è d’accordo, è più tegnoso di me! Questo qua non mi fa più mangiare per risparmiare.

2pm. 3 ore di viaggio. Il film cinese è finito. Ora si ascolta della musica pop da un mp3. Non so se tutta la musica pop dominicana sia così, ma qui le canzoni fanno tutte riferimento a Dio (Dio mi ha trasformato in sua figlia…) o sono addirittura precedute da una breve parabola, adattata ai tempi moderni: “Storia di una donna di fede” che ha chiamato alla radio per raccontare la sua difficoltà nel riuscire a procurare del cibo per i suoi figli, e uno che l’ha sentita, impietosito, ha chiamato la radio per avere informazioni su di lei, e le ha mandato del cibo, con precisi ordini ai suoi dipendenti di dire alla donna che il cibo veniva dal “diablo” (non chiedetemi perché). Quando però la donna apre la porta e vede tutto quel cibo, è felice e ringrazia a profusione. E gli spedizionieri: “Ma come, non ti interessa sapere da dove viene questo cibo?”. E lei: “Quando il Signore sente le nostre richieste … ” e qui non ho più capito. Ecco, mi son persa l’insegnamento della parabola.

Qualche palma alta una ventina di metri, e sotto una miriade di palme diverse, alte poco più di un metro. Distese di vetro rotto brillano al sole: il resto dei rifiuti è stato bruciato, e il vetro è quel che è rimasto.

Centro Optico: Fe y Esperanza.

Alcuni villaggi sono più belli degli altri: anziché baracche dai tetti di latta ci sono casette di legno o cemento dai bei colori pastello. Ogni volta che il bus si ferma, si avvicinano 3-4 ragazzi con la moto, pronti a portare alla destinazione finale i viaggiatori. Due sacchetti e un borsone sul manubrio, la vecchietta dietro, e via! Due militari in congedo con i loro borsoni, sulla stessa moto dietro l’autista, per risparmiare. Toccherà anche a me e Luca, forse proprio oggi.

Ho ascoltato un’altra parabola di un giovane che lascia la moglie per andare a cercare lavoro altrove. Dopo vent’anni di lavoro, anziché pagarlo il padrone gli dà tre consigli, che gli salveranno la vita durante il viaggio di ritorno. Ma vi risparmio il resto, tanto già lo sapete che non si prendono decisioni affrettate etc.

Quasi le 3 pm. Già caricati gli zaini sul gua-gua per Los Patos. Sono molto onesti. Finora ci hanno sempre chiesto il prezzo indicato sulla Lonely Planet o che ci era stato detto prima, non abbiamo mai dovuto barattare o litigare perché siamo stranieri. “Cristo viene ya!”, c’è scritto su un albero qui davanti. Beh, devo dire che tutti questi messaggi cominciano a infondere fiducia.