Al freddo !!??? In Pushkar

Al freddo !!??? In Pushkar

28 Novembre 2010

Jodhpur non mi è piaciuta molto. Sono contenta di esserci rimasta solo un giorno. Sarà che ero molto stanca per aver dormito male sul treno e avevo anche un po’ mi febbre mi sa, ma la gente mi stava particolarmente antipatica. Un signore continuava a fissarmi mentre camminava davanti a me, con uno sguardo non gentile, e ho dovuto mandarlo affanculo perché la smettesse. I ragazzini venivano ad ogni metro a elemosinare e tirarmi per la maglia. Un signore super gentilmente mi ha invitato a vedere la sua casa blu e a un certo punto mi ha chiesto di cambiargli 1 euro in rupie per pagare medicine per la moglie che stava sul terrazzo a prendere il sole. Un altro tipo si è messo a ridere mentre mi guardava. Il lassi speciale allo zafferano che hanno lì non mi piace. I ristoranti sono più cari. Insomma, niente di che. Bello il forte però, costruito da uno dei tanti maharaja. Jodhpur è anche chiamata la città blu, perché molti edifici sono dipinti di blu. Un bel blu. Dentro e fuori. Una volta erano solo le case dei bramini, i sacerdoti, una delle caste più alte; oggi chiunque può dipingersi la casa di blu.

Ora sono a Pushkar. Su un lago sacro. La gente viene qui in pellegrinaggio a farsi i bagni nel lago. Ho visto poco, ma quel poco mi ha sollevato. Sembra un bel posto di villeggiatura. La gente è rilassata e contenta. La mia stanza è bellissima, lilla, con una parete con dei getti di verde, bianco e blu. E una doccia calda (perlomeno per i primi due minuti). Erano due settimane che non avevo la doccia calda!

Pushkar è sempre nel Rajasthan, una regione a Nord-Ovest dell’India, al confine col Pakistan. In Rajasthan sono anche Jaipur, Bikaner, Jaisalmer e Jodhpur, dove sono stata nelle ultime settimane. Sull’autobus per venire qui siamo passati per dei villaggi e i signori più anziani avevano dei turbanti dai colori meravigliosi. Bianco, rosso, rosso a pois bianchi, giallo, arancione; verde e fucsia fluorescenti. Anche alcune donne avevano il sari (lo scialle lungo alcuni metri che si appoggiano alla testa e fanno poi girare intorno alla vita) giallo scioco. All’inizio pensavo fossero le donne musulmane che si tiravano il sari sul viso, ma è una cosa comune, per non attirare gli sguardi lascivi degli uomini. Ma perché gli uomini devono avere sguardi lascivi in primo luogo? Non si possono guardare le unghie sporche? Boh.

Ho visto un paio di camion al lato della strada che avevano fatto un frontale. Beh, non mi sorprende. In India sulla strada l’unica regola esistente è quella del più forte. Il mezzo più grande e grosso ha la precedenza. Così quando il nostro autobus sorpassava per esempio, se c’era una motocicletta che arrivava dall’altra parte aveva due opzioni: fermarsi o uscire di strada. I pedoni sono i più sfigati. Strisce pedonali o no, non cambia. Per attraversare la strada ci si deve buttare. Il più difficile è quando ci sono strade a più corsie, perché si deve fare come in quel gioco del rospo del Commodore 64, si passa la prima corsia e si aspetta tra macchine che passano davanti e dietro di poter passare la seconda e poi la terza e così via (lo stesso è in Cina in realtà). E le rotatorie, se si deve girare a destra (qui si guida a sinistra) perché fare la fatica di fare il giro intorno alla rotatoria? Si fa tanto prima a tagliare subito a destra! Pedoni, biciclette, camion, non ce n’è uno che faccia il giro. E poi vabbè, non esiste guardare se arrivano macchine quando si entra in una strada più grande. Si scanseranno. Quel che più mi spaventa sono i sorpassi. Non importa se ci sono un dosso o una curva che impediscono di vedere se qualche altro veicolo arriva. Se malauguratamente arriva un camion dall’altra parte si frena e si torna al proprio posto. Se è solo una macchina o una moto ad arrivare, beh, ci penseranno loro a scansarsi.

Il problema dell’avere la camera singola è che ho già perso due ore in Freecell. Damn!

Camminavo per strada e da un portone aperto si vedeva un gruppo di persone che ballavano al ritmo di tamburi. Un po’ più avanti una processione, con tamburi e trombe e gente che ballava. Uomini davanti e donne a seguire. Dietro a tutti un tizio su un cavallo, vestito come un Mahraja; dev’essere stato un tipo importante. Ai fianchi della processione degli straccioni che portavano delle lampade che sembravano pesantissime. E dietro tutti un tipo che spingeva un carretto con un generatore, per le lampade. Il rumore faceva a gara con i tamburi a chi si faceva sentire di più. A un certo punto si son fermati, senza che musica e danze smettessero, e da un portone sono uscite scatole di yoghurt, che qui chiamano curd e che si mangia a tutte le ore (è anche l’elemento principale del lassi), per rinfrescare i festaioli. Ne avrei voluto uno anch’io, nonostante il freddo, ma stranamente nessuno me l’ha offerto! Quando la processione è ripartita son rimaste le confezioni vuote sull’asfalto. Non so se fosse un matrimonio o una festa religiosa? 

Cazz, sono uscita per cenare e … mi toccherà mettermi le scarpe perché fa un freddo cane qui! Ma perché? Non siamo sui monti. Boh.

Jaisalmer

Jaisalmer

Una giornata a Jaisalmer, tra deserto e forti

26 Novembre 2010

Jaisalmer è un’altra città ai confini del deserto.

Sono arrivata stamattina in treno da Bikaner. Alle 5.10. Finora i treni che ho preso sono sempre stati in ritardo di almeno un’ora. La scorsa notte che avrei dormito volentieri un’ora in più, è arrivato in anticipo di 20 minuti. Ho girovagato per le strade buie della città tra viaggiatori, venditori di chai, mucche e cani rabbiosi. Tutto era chiuso e avevo paura che avrei dovuto fare la cacca per strada (il che non mi schifava particolarmente, visto che tanto si sarebbe confusa tra le cacche delle mucche), invece dopo lunghe ricerche ho trovato sto hotel bellissimo, in un ex palazzo, dove gentilmente mi hanno fatto usare il loro bagno con la carta igienica. La stanza più economica costa sui 50€ per notte, meno di quel che ho pagato per il safari nel deserto. Forse dovrei provare quest’altra esperienza indiana un giorno…

Jaisalmer è bellissima. Tutta la città è costruita con dei mattoni di sabbia dorata, per questo è anche chiamata “Golden City”. C’è un bel forte su una collina, circondato da mura e pieno di vicoletti e palazzi. E’ bellissima sì, non fosse per le orde di turisti. Stamattina ho girato 3 ore e già ero stanca. Son contenta di restarci solo un giorno, mi infastidirebbe stare più a lungo. Da qui pure organizzano molti tour nel deserto. Inizialmente pensavo di venire qui a fare il mio safari, ma per fortuna a McLeod Ganj ho incontrato una ragazza che mi ha consigliato di andare a Bikaner piuttosto.

C’è un locale dove fanno il Bhang Lassi. Bhang è una cannabis, unica droga legale in India a quanto mi hanno detto, e questo caffettino è autorizzato a venderla, nei lassi. Io ci sono andata perché avevo voglia di un lassi normale, ma non lo fanno. Non ho bisogno del Bhang, sono già abbastanza rincoglionita dal sonno. Così sono venuta in sto posto super fico, un ristorante sul tetto di un Haveli, una residenza tipica del Rajasthan, con una corte interna e piena di decorazioni.

Nel pomeriggio ho deciso di tornare nel deserto, a bordo di una jeep stavolta, per vedere il tramonto sulle dune di sabbia. Beh, che idea! Un centinaio di cammelli aspettavano di trasportare le orde di turisti, indiani, cinesi e da tutto il mondo. Io mi aspettavo qualcosa di tranquillo, non dico di essere sola, ma magari una cinquantina di persone, tò. Sembrava un circo. O una fiera. Tamburi, suonatori di flauti, bambine travestite in costumi tradizionali con il rossetto sparpagliato in tutta la faccia che ballavano al ritmo dei flauti.  

Yoga nel deserto

Yoga nel deserto

Avventure nel deserto del Thar

26 Novembre 2010

Sopravvissuta a due giorni nel deserto del Thar, vicino a Bikaner. Su un cammello. Sederino e interno coscia super doloranti. Mai più cammello per me, grazie. Mi hanno chiesto di tornare. Ok, può darsi che lo faccia, se mi date una bici al posto del cammello.

Ero con due ragazzi francesi e una coppia porto-olandese. Questi ultimi interessanti. Lei una designer di borse fatte con materiale riciclato, lui un artista, che per pagare le bollette ha aperto un coffee shop in Olanda, da qualche parte ai confini con la Germania, e dalla vendita di hashish guadagna un sacco di soldi. 6 camel men, una guida e suo figlio. Il più piccolo dei cammellari, Umad, 12 anni, è praticamente lo schiavetto di tutti. Lo chiamano in continuazione, per lavare piatti, pelare patate, servire. E lui che corre di qua e di là sempre contento. Sono belli questi ragazzi del deserto. A parte i denti rosso-marroni per il tabacco. Non così brutti come i denti dei loro cammelli comunque. Il più anziano, Kesudan, ha 53 anni. Sembra che ne abbia 20 di più. Mi sa che la vita nel deserto non fa tanto bene.

Il tour è iniziato con una visita al Karni Mata Temple, un tempio in cui si venerano i topi. Faceva piuttosto impressione. E anche abbastanza schifo sinceramente. Ci si deve togliere le scarpe all’entrata, come per tutti i templi, e si cammina tra cacchine e cibo per topi. E’ considerato essere di buon auspicio se un topo ti corre in mezzo alle gambe, e ancora di più se riesci a vedere il topo bianco. Son stata una decina di minuti a spiare l’entrata della tana di sto topo bianco, ma niente. Niente fortuna per me. Comunque mai visti così tanti topi in vita mia.

Questi due giorni nel deserto sono stati un’esperienza completamente diversa da Wadi Rum. Quello l’avevo girato in jeep tra montagne e sabbia rossi. Il Grande Deserto del Thar è un’estensione secca di bassi arbusti spinosi e rade piante. I cammelli vanno a passo d’uomo, quindi non si fa molta strada. Penso che il senso fosse proprio quello, di passare due giorni con una diversa prospettiva spazio-temporale. Che innervosisce un po’, quando si è abituati a correre e fare tutto in fretta. Però immagino abbia i suoi benefici.

Il programma prevedeva di dormire su delle dune di sabbia, sotto le stelle. Ma il tempo era incerto, così la guida ci ha portati ad un edificio disabitato, per dormire sotto un tetto. Costruito con lo scopo di diventare una scuola, non è mai stato usato perché il governo indiano non ha mai assegnato degli insegnanti a quel posto. Così funziona il governo indiano, si lamentava la guida. Soldi vengono spesi in infrastrutture, e poi maestri restano senza lavoro e bambini senza scuola per mancanza di comunicazione tra diversi uffici del governo. Lui non vota, perché dice che entrambe le coalizioni sono corrotte, quindi non ha senso. Manifesta il suo dissenso non votando. E’ stato la prima persona che ho incontrato a non essere entusiasta di Sonia Gandhi. Quando dico che sono italiana qua tutti si aprono in un sorriso e dicono “ah, come Sonia Gandhi”. Edvige Antonia Albina Maino è nata a 30Km da Vicenza e ha sposato un discendente di Mahatma Gandhi (la famiglia Gandhi da generazioni ha funzioni importanti nel governo; Sonia Gandhi al momento è presidente dell’Indian National Party e sarebbe Primo Ministro se l’opposizione non si fosse lamentata che la tipa non è indiana).

Beh, abbiamo dormito sotto il portico di questo edificio. Il risveglio è stato meraviglioso, circondati dalla foschia, cammelli che ruminavano lì vicino e gli uomini del deserto che preparavano il chai dall’altra parte del portico.

thar desert

Lionel, uno dei ragazzi francesi, si è ritrovato con una scarpa a 10 metri dal portico, un po’ rosicchiata. Qualche animale deve averla presa durante la notte. Forse una capra.

Mi sono allontanata un po’ dal gruppo e mi sono messa a fare i cinque esercizi di yoga che conosco. Ma proprio questa cosa del stare calmi non fa per me. Avrei dovuto fare ogni esercizio 5 minuti per 3 volte, invece li ho fatti per un minuto e una volta sola. Continuavo a pensare a quelli di là che stavano preparando la colazione e non potevo aspettare. Devo riprovarci. Solo quando gioco a freecell (un solitario di carte nel computer) riesco a passare delle ore senza fare niente. Il che mi innervosisce un sacco, perché perdo delle ore che potrei usare a fare qualcosa di più utile, anche solo leggere un libro. Ma giocare a freecell mi aiuta a pensare. E’ stato durante una di quelle partite che mi è tornata l’idea di andare in Africa nel 2011… (questo nel 2010, ora passo ore a giocare a candy crush 🙁 )

Un altro giorno sul cammello, ma dopo mezz’ora proprio non ce la facevo più. Perché alla gente piaccia questa tortura non lo so. Ho passato il resto del safari su un carretto, trainato da un cammello. Stavo sdraiata sui sacchi di paglia che usano per cibare i cammelli quando ci fermiamo e mentre lasciavo che il sole mi scaldasse, mi facevo cullare dal carretto e dalle nenie cantate dai cammellari. Much better.

Kesudan era sul carretto con me. A un certo punto ha strappato un filo dall’asciugamano che tiene in mezzo alle gambe e mi ha intrecciato un braccialetto. Così ora siamo fratello e sorella, mi ha spiegato un ragazzo in un inglese striminzito. La prossima volta che torno a Bikaner si aspetta che lo contatti, mi ha dato il suo indirizzo. Ha un figlio piuttosto carino, quindi ci potrei anche pensare. Meglio che aspetti che il figlio diventi maggiorenne però…

 

family living in Thar desert
Bikaner

Bikaner

23 Novembre 2010

Oggi ho fatto una pazzia. Mi son concessa un cocktail analcolico da €3. Con questi soldi di solito mangio 4 volte o dormo 2 notti. Ma avevo bisogno di una pausa dal bordello di Bikaner. Sono al bar di un hotel che fa parte del complesso del palazzo di un maharaja, un principe indiano. Dev’essere bello passare la notte a casa di un maharaja. Il mio tavolino è in una corte circondata ai 4 lati da portici e le stanze dell’albergo ai piani superiori. Tutte le pareti sono finemente intagliate e lavorate.  Non costa neanche tantissimo dormire qui, sugli €80 per notte credo.

Bikaner è un paesino ai bordi del deserto, con un gran traffico, cammelli per la strada, una città antica con un labirinto di stradine e case dai mille colori pastello, e un sacco di gente. Gente più stressante che mai. Non cammino due metri senza avere qualcuno che mi chiama e mi saluta e mi chiede da dove vengo e se parlano un minimo di italiano è finita. Sono 40 minuti a piedi tra il centro della città e il mio albergo. Ieri sera mentre tornavo avevo almeno tre guardie del corpo per tutto il tempo. Uno di questi  continuava a chiedermi se lo volevo sposare. Alla fine ho dovuto urlargli dietro per farlo andare via.

Il viaggio in autobus per venire qui è stato un incubo. La strada era quasi tutta dissestata, non riuscivo a dormire dai salti continui. Per fortuna per le prossime due destinazioni ho già prenotato il treno.

Domani probabilmente farò un giro nel deserto. Quando ci sono stata un anno e dieci giorni fa, in Wadi Rum, Giordania, è stata un’esperienza incredibile. Spero questa non sia da meno.

Tra un mese sarò all’aereoporto di Dubai a quest’ora, sulla via del ritorno. Qualche giorno fa ho pensato che a gennaio devo andare in Africa. Per un paio di mesi solo. Zona Mali, Senegal e boh. Lo devo fare ora perché si sa che una volta che si comincia a lavorare diventa difficile prendersi vacanze più lunghe di tre settimane. Quest’idea comunque mi è venuta grazie a voi. Tutti i bei complimenti che ho ricevuto mi han fatto pensare che dovrei andare in qualche altro posto, per voi eh, mica per me! Per vedere l’Africa e portarvela.

Mi hanno presentato il conto. Mi sa che mi stanno cacciando…
A spasso con gli indiani

A spasso con gli indiani

21 Novembre 2010

Pochi minuti fa ho comprato delle ciunghe (= gomme da masticare). 1.6 centesimi di euro per ciunga. 0.16€ per 10. Le Alpenliebe costano la metà. Vendono le ciunghe singolarmente, a pezzo, come le sigarette. Immagino sia perché la gente non ha soldi per comprarsi pacchetti interi. Mi sono fermata a quella particolare botteghetta perché c’era una signora alla cassa. Non si vedono molte donne nei negozi. Il figlio mi ha confermato che è una società maschilista, le donne stanno a casa a cucinare e badare ai figli.

Giornate intense a Jaipur.

Ieri mi sono ritrovata con Vishal, uno dei ragazzi che avevo conosciuto il primo giorno. Mi ha fatta salire sulla sua Royal Enfield e mi ha portata a casa di un amico che stava celebrando il matrimonio. Le Royal Enfield sono delle motociclette tipo chopper che son state portate in India dagli inglesi e che da molti anni non vengono più costruite in Inghilterra, mentre in India ancora vanno alla grande. La prossima volta che torno in India me ne compro una e torno in Europa in moto. Ora non lo posso fare perché a quanto pare il visto per il Pakistan si può solo ottenere all’ambasciata del proprio Paese d’origine (questo da quando ci sono state le inondazioni in luglio-agosto 2010 – controllare il sito Viaggiare Sicuri per info aggiornate). Beh, bello girare sulla Royal Enfield. Non come i rikshò. I rikshò sono delle carrozze piccoline montate su delle biciclette, che a parole evocano immagini di regine e principesse. In realtà sono senza ammortizzatori e sulle strade indiane tutte spaccate e piene di buchi è più una tortura che un piacere starci sopra.

Il matrimonio a cui sono stata era al suo 5° giorno credo. La neo sposa viene dalle parti di Agra, hanno prima celebrato 4 giorni a casa sua, poi sono venuti a Jaipur per celebrare 3 giorni con la famiglia di lui. La sposa deve avere sui 28 anni, mi ha detto il marito. O così credeva lui, non lo sapeva di preciso. Gliel’ha chiesto con me lì davanti. Ne ha 26. Un po’ vecchietta per la media indiana mi sembra. L’ha vista per la prima volta il giorno del matrimonio, prima si erano sentiti al telefono per 2 mesi. Ogni giorno. Io non ho visto il viso della sposa per mezzo secondo. Era sempre coperto dal velo. Si vedeva che era timida, stava sempre rannicchiata anche quando stava in piedi. Probabilmente era anche spaventata perché ha lasciato la famiglia per entrare in quest’altra famiglia di cui non conosce nessuno. Neppure il marito. Penso che si siano visti in faccia per la prima volta quando già erano sposati e lui ha potuto alzarle il velo. Spero si trovino bene; lui sembra un tipo a posto e divertente, anche se severo con i bambini. E viaggia spesso per lavoro, quindi è di mentalita abbastanza aperta. Mi ha confidato che nell’ultimo mese si è mangiato tutte le unghie dal nervoso. Perché non era sicuro di fare la cosa giusta, nello sposarsi. Ma la famiglia ha insistito. In realtà lui ha una ragazza, in Canada, che però non si vuole sposare e non ha intenzione di vivere in India. Lui non può vivere lontano dalla madre e così ha dovuto cedere alla volontà della famiglia. La ragazza in Canada ancora non lo sa che si è sposato. Gli tremavano le mani anche. Lui diceva per la tensione, ma Vishal ha detto che gli piace bere. Ha smesso da una settimana perché non può bere con una moglie. Quanto durerà?

Siamo stati ad un tempio a pregare per una vita lunga e felice per la nuova coppia, una processione di donne solo. Forte perché io ero come l’ospite d’onore, continuavano a chiamarmi e si mettevano in posa per le foto (soprattutto i bambini, erano sempre in mezzo). Alle 9 di sera finalmente mi hanno offerto da mangiare. Stavo morendo di fame. Loro cenano verso le 10 di solito, mi hanno detto. Wow. Riso biriani, chapati (pane con lenticchie schiacciate dentro credo) e un pugno di verdure al curry. Tutto molto buono. Avevano promesso di farmi l’henna sulle mani ma non c’è stato tempo, peccato. Poco prima di andare ho aiutato a preparare la “camera” da letto (uno sgabuzzino tinto di fresco, senza materasso perché quello lo deve portare la moglie). Ghirlande di fiori e petali sul telo messo per terra. Era la loro “golden night” ieri. Costa molto sposare una figlia o sorella. La famiglia deve dare soldi e vari accessori come dote. Però poi sarà mantenuta dal marito per il resto della vita dai. Ho portato 3 rose io agli sposi come regalo. Mi son costate 0.45.

Stamattina mi dovevo trovare alle 10 con Vishal per fare colazione. Io sono arrivata sul posto alle 10.10. Dopo due minuti che aspettavo me ne sono partita. Non è che mi dispiacesse perdere l’appuntamento. Mi ha trovata per strada dopo un po’. Nella mezz’ora che sono stata sola mi hanno fermata 3 uomini. In ordine, un commission guy mentre facevo colazione a base di ceci e pane (ha ammesso lui che prende il 20% delle vendite quando porta un turista in un negozio), un autista di rikshò e un motociclista. I pirmi due mi hanno avvertito delle fregature che si rischiano a Jaipur. Sembrava il soggetto delle discussioni di oggi. Sarà che è domenica? Boh. Ne parla anche la Lonely Planet comunque. Ci sono persone che ti propongono di iniziare un business di importazione di gemme al tuo paese e che poi si rivela una bufala (Jaipur è famosa per pietre e argento, e io non mi sono comprata neanche un anello!). Quando sono riuscita a liberarmi del motociclista, il ragazzo del rikshò si è riavvicinato a me e mi ha chiesto se il tipo si era offerto di accompagnarmi fino alla città antica, dove lui era diretto per incontrare degli amici. Erano le esatte parole che mi aveva detto il motociclista. Li conoscono tutti i loro trucchetti.

jaipur wind palace

Quando Vishal mi ha ritrovata per strada mi ha portata a bere un caffè da un amico. In un negozio di gioielli. Ecco, pensavo, son caduta nella trappola. Invece non si è parlato di pietre per mezzo secondo.  Il tipo era anche simpatico. Il negozio oggi che è domenica è chiuso, ma non gli piace bere davanti ai figli, così si rifugia lì tutto il tempo. E’ un alcolizzato, nella mezz’ora che siamo stati lì ha bevuto due bei bicchieri di whisky con acqua. Ha 4 maschi e una femmina, la più piccola, che ha 9 anni. Il figlio più vecchio ne ha 24. La moglie è morta di emorragia durante l’ultimo parto. Ora cresce lui i figli, da solo. Non so come li cresca, se passa il tempo nella sua botteghetta a bere. E’ un peccato perché è un tipo pacato e gentile, parla un po’ di italiano perché lavora con degli italiani.

Il programma di oggi era di tornare dai neo sposi così che potevo cucinare qualcosa con la mogliettina, ma ho chiesto a Vishal di scusarmi con loro. Non avevo voglia di andare e ancora mi mancavano un paio di cose da vedere in città. Ho salutato Vishal. Tutto il tempo che sono stata con lui ero un po’ sul chi-va-là, ma si è dimostrato un tipo a posto e interessante. Amante di film. Un po’ mi è dispiaciuto lasciarlo, ma gli ho spiegato che sono una solitaria e mi stanco a stare troppo tempo con la gente. Sembra aver capito.

Dopo due lassi e un caffè mi son rimessa per strada in direzione della città vecchia e ovviamente mi ferma un altro. Con la frase d’approccio tipica della città. Can I ask you something? Non so perché mi son fermata. Gli ho spiegato che ci scocciamo a parlare con gli indiani perché abbiamo anche altre cose da fare che parlare tutto il tempo con loro. Alla fine sono stata un’ora a parlare con lui. Mi ha offerto il solito chai. Dice che mi ha fermata perché mi ha vista sgatarrare (spero di perdere l’abitudine quando torno in Italia), emano una bella energia (anche questo complimento tipico) e gli piaceva il mio sorriso. Il mio sorriso con naso largo, bocca storta e mento in fuori? Boh. Raj. Vive a Brighton, sulla costa a sud di Londra. Lavora anche lui con pietre e argento. Sono tutti un po’ filosofi in India, mi piace questo. Mi ha raccontato un po’ di cose che avevo già sentito. Tipo che uomini e donne son diversi. Gli uomini son fisicamente più forti ma le donne hanno personalità e forza di volontà più forti (mah, non è sempre vero secondo me). Di nuovo mi ha detto che le donne riescono a vedere ad un raggio più ampio perché così mentre lavorano possono tenere d’occhio i bambini. Gli uomini invece vedono più lontano (non lo sapevo). Mi ha anche istruito su un paio di cose curiose. Tipo, perché le mucche sono sacre? Perché sono calme e pacifiche, non hanno paura di niente e di nessuno. Si mettono in mezzo alla strada, tra il traffico e le macchine, a mangiare o riposare, e non le muove nessuno. Viaggiare e fare cose nuove fa bene allo spirito, dice. Come quando si indossa un vestito nuovo per la prima volta, dà un senso di piacere. Mi piace.  

Questa loro cultura viene trasmessa di generazione in generazione in famiglia, da nonni e amici dei nonni ai nipoti, e dai loro guru. Ognuno ha un guru in India. Un po’ come i padri confessori da noi immagino. Non è il primo che mi dice che italiani e indiani sono simili (non lo dire ad un arzignanese però, volevo avvertirlo). Perché ad entrambi piace fermarsi per strada e parlare. Forse è vero in alcune parti d’Italia magari, non da me. Quando giro in bici per Arzignano vedo solo neri africani sui loro portici e indiani in piazza. Non molti italiani. A quanto pare agli indiani piace parlare con gli stranieri per imparare qualcosa della loro cultura, ma non so come si aspettino di farlo se parlano loro tutto il tempo. Anche Raj; era interessante, ma dopo una mezz’ora ero rincoglionita dal troppo ascoltare. Però ho accettato di incontrarlo dopo che avrei visitato il “Wind Palace“.

wind palace jaipur

Simbolo della città, il Hawa Mahal, o “Wind Palace”, è meraviglioso. Costruito da un maraja per Krishna, è pieno di finestrelle per permettere alle donne di spiare la vita in strada senza essere viste (tristezza). 
Alla fine Raj non si è presentato e ceste, me ne son venuta a cena. Per strada mi  son fermata a bere un chai e dopo qualche minuto si è formato un gruppo di curiosi. Bello. Bella gente. Mi piace quando si fermano senza essere asfissianti.

Mentre scrivevo al ristorante si è seduto un uomo al mio tavolo. Un bianco per una volta. Alfredo, sui 45 anni direi. Nato in Venezuela, ma dall’età di 14 anni vive in Europa. Al momento sta a Nizza. Suona la chitarra in strada. Cresciuto Hari Krishna. Dondola già la testa come gli indiani, dopo 3 mesi che sta qui. Il suo volo è pure il 23 Dicembre. Mi ha invitato ad andare a trovarlo alle Isole Canarie quest’inverno. “Ma mi hai appena detto che vivi a Nizza!”. Sono un hippy, non vivo da nessuna parte, mi ha risposto. E vivi dappertutto, ho aggiunto io.

Tra qualche ora ho un bus per Bikaner, a Nord del Rajasthan, vicino al Thar Desert. Non mi piace molto viaggiare in bus, ma è difficile trovare posto in treno. Gli autobus che uso io (ovviamente quelli più economici) sono tipo la versione più vecchia dei bus dell’ATV. Sedili non ribaltabili, ammortizzatori rotti, finestrini che non si chiudono. La prima volta che ho preso un bus, vicino a me si è seduto un tipo che pesava sui 150kg. Sorprendentemente son riuscita a dormire, anche se mi sveglio ogni due ore, quando si ferma per pipì e chai. Speriamo in bene stanotte.