Un visto per amico

11 Febbraio 2015

Live da Orio al Serio!

Questo visto mi sta facendo impazzire.

Per entrare in Iran è necessario avere il visto, che si può fare ai consolati che in Italia sono a Milano e Roma. Bisogna presentarsi personalmente perché si lascia l’impronta digitale, oltre ai vari documenti, quindi è piuttosto scomodo per chi non abita vicino a quelle città. Inoltre bisogna mettere in conto almeno un mese di tempo, anche se il Consolato dice che in una settimana è pronto.

Gli italiani però che restano in Iran meno di 15 giorni possono fare il visto all’arrivo in aeroporto presentando:
– passaporto valido per almeno altri 6 mesi con due pagine frontali libere e senza timbro di Israele
– 2 fototessera (senza occhiali e senza cappello e senza velo)
– assicurazione sanitaria per il viaggio
– voucher dell’albergo in cui si starà almeno la prima notte o perlomeno nome e numero di telefono dell’albergo prenotato.

Tutto questo a febbraio 2015. Le regole cambiano in continuazione, quindi è meglio controllare con l’ambasciata/consolato prima di partire.

Io credevo di avere tutto a posto (tranne l’assicurazione che vabbé ho fatto un’assicurazione di viaggio normale che include le spese mediche, dovrebbe andare bene), quando ieri sera alle ore 23, che ero già pronta a mettermi a dormire, mi arriva una mail dell’hotel che avevo prenotato a Tehran, il Firouzeh: non mi possono confermare la camera perché è successo che il visto è stato negato a turisti che avevano prenotato da loro; se la polizia di frontiera li chiama per controllare la prenotazione, negheranno di averne. Pensavano che avessi il visto già fatto. Tutto questo a 15 ore dalla partenza, con la notte in mezzo che è notte anche in Iran, e un giorno poco più dall’arrivo in Iran dove devo mostrare la prenotazione dell’albergo. Comincia l’agitazione. Accendo Sanremo per calmarmi ma fa peggio (pensano di far ridere Conti e le due ancelle?). Se almeno me l’avesse detto un po’ prima potevo contattare qualche altro hotel, no?
Dopo un po’ mi arriva un’altra email del signor Mousavi, che mi consiglia di contattare l’hotel Gollestan. Ha già chiamato lui il tipo alla reception, ha detto che mi confermerà subito la prenotazione. Ok, mando una mail, aspetto mezz’ora e nessuna risposta. Ho gli occhi che bruciano dal sonno ma come faccio a dormire? Niente. Alla fine mi addormento senza sentire niente. Lascio il cellulare acceso, per sentire l’arrivo di eventuali email. Non sento niente, ma alle 4 mi sveglio e una mail è arrivata. Ovviamente non è che mi confermano subito, vogliono sapere se voglio la camera con bagno o senza. E chissenefrega? Dormo anche per terra, basta che mi facciate entrare in Iran! Rispondo e mi rimetto a dormire. Alle 6 mi risveglio; altra mail: voglio una twin o una double? Davvero? Dai, mandame sta cacchio de confirmation che fra 4 ore parto da casa! Da lì in poi è stata dura rimettermi a dormire, ma in qualche modo ci sono riuscita e alle 7.30 avevo la mia bella conferma della prenotazione e un gran sonno.

Vabbè, stampo la prenotazione ché non si sa mai, stampo gli orari del volo di ritorno che me n’ero dimenticata e partiamo.

Traffico sciolto per fortuna. In direzione opposta un incidente ha provocato chilometri di coda. Per fortuna non succedeva di qua, sennò si stava a casa.

All’aeroporto a Bergamo la signorina del check-in mi vuol far prendere un colpo. Hai il pre-visto o un numero di riferimento? EHH?? Che pre-visto? Sì, serve il visto o il pre-visto per andare in Iran. Guarda, se vuoi ti faccio vedere la mail del consolato dove mi dicono che posso fare il visto all’arrivo e spiegano cosa devo portare. Mi avevano anche consigliato di chiamare Pegasus per verificare che la compagnia non mi facesse problemi al check-in, cosa che io ho fatto, e la signorina mi ha detto che posso andare tranquilla, non ci saranno problemi. Devo vedere la conferma di Pegasus che può partire, perché qui dal sito bla-bla dove è spiegato cosa è richiesto per entrare in ogni paese, è chiaro che serve il visto o il pre-visto. Beh, la conferma della Pegasus non te la posso far vedere perché me l’hanno detto per telefono; se vuole le faccio vedere la mail del consolato. “Me ne fotto della mail del consolato” (cioé, non ha detto proprio così, ma il senso era quello). Aspettate lì nell’angolo dei somari finché controllo con il mio superiore cosa fare. Dopo 15 minuti di imbarazzo e di cuore palpitante arriva il lasciapassare dall’alto. Ma cosa sarebbe sto pre-visto? Non ne ho letto da nessuna parte, altrimenti lo facevo! Bisogna andare in agenzia? No no, si fa in internet. Boh. Lei riduce i toni, mi spiega che TUTTI quelli che vanno in Iran ci vanno con il pre-visto e quindi c’ha comunque ragione lei. Vabbé, me ne frego di quel che sei convinta tu, basta che mi fai andare.

Fiuuu. Saluto mia mamma che se ne può tornare a casa senza di me, e passo il controllo passaporti e bagaglio a mano.

La mia amica Paola mi spiega che fino a poco tempo fa era richiesto questo pre-visto, ora non più. Quindi cara amica mia del check-in, meglio che fai un update del computer che qua mi hai fatto perdere cinque anni di vita.

Ora sono tranquilla, ma finché non avrò messo piede fuori dall’aeroporto IKA di Tehran non sarò sicura che questo paese che si preannuncia bellissimo voglia farsi vedere da me.

Tra l’altro ci aspetta un viaggetto simpatico, come al solito. 3 ore fino a Istanbul, dove nevica (e infatti il volo che viene da là è  in ritardo e di conseguenza anche il nostro), 5 ore di attesa in aeroporto a Istanbul, altre due ore di volo e alle 4 del mattino arriviamo. Metti che ci mettiamo anche due ore ad uscire da lì, e un’ora per arrivare in centro a Tehran, che facciamo fino alle 11 quando ci apriranno le porte dell’hotel? Colazione 4 ore? Non ho la minima intenzione di andare in giro per la città con lo zaino in spalla e senza aver dormito la notte.

Comunque vada, la prossima volta che andrò in Iran andrò a Milano e farò perdere una giornata di lavoro a chi viaggerà con me, ma mi farò il visto prima di partire, almeno posso dormire tranquilla.

Due giorni alla partenza

Due giorni alla partenza

9 Febbraio 2015

Come al solito sono agitata e non ho più voglia di partire.

Mi capita sempre, qualche giorno prima della partenza: penso a quanto sto bene a casa, con la mia routine e i miei gatti, e poi ora sta finendo anche l’inverno e le giornate sono più tiepide e più soleggiate, ci sono un sacco di posti qui intorno da andare a vedere e tanti eventi organizzati in questo periodo nei dintorni, etc.

Ma appena salirò sull’aereo e sarà troppo tardi per ripensarci e scoppierà il mal di testa liberatorio, sarò catapultata in versione “discovery” e non vedrò l’ora di mettermi a sgambettare di qua e di là e a far foto e scrivere/descrivere.

Quel che mi preoccupa in questo momento è che:

1. la foto per il visto andrà bene anche senza velo in testa? Perché Meridiani dice che serve il velo, il consolato il contrario. Per stare tranquilla potrei rifarmi le foto ovviamente; vediamo se trovo il tempo.

2. Non mi hanno ancora confermato l’hotel a Tehran. Normalmente non mi importerebbe più di tanto, ma mi serve il voucher dell’albergo per ottenere il visto in aeroporto.

3. Sarò vestita in maniera adeguata? Camicioni lunghi fino a metà gamba o quasi ne ho, la sciarpa in testa l’ho già provata e mi piace, ma andrà bene?

4. Il programma che ho preparato va bene o ho messo in lista troppe cose? Solo a Isfahan e Shiraz resteremo 2 o 3 notti, negli altri posti si arriva verso mezzogiorno, si va in albergo a mettere giù gli zaini, si va a visitare e la mattina dopo si riparte. Torneremo in Italia che saremo stanchissimi… ma felici! (speriamo). Forse sarebbe meglio saltare un posto o due e concentrarsi sugli altri? Non mi piace andare troppo di corsa. Però vero che stavolta non abbiamo molto tempo…

5. Farò in tempo a preparare tutto domani o è meglio se comincio già ora?

6. Sulla mia carta d’imbarco c’è una bella “M” per Maschio vicino al mio nome: ho sbagliato quando ho prenotato il volo o è il sito di Pegasus che è un po’ tarocco? Sono stata molto attenta durante la prenotazione, m/f e date di nascita, ma è anche vero che ho fatto e disfatto la stessa prenotazione su vari siti e qualcosa potrebbe essermi sfuggito. Avrò problemi a salire sull’aereo?

7. Cosa sto dimenticando? Perché non si tratta di “se”. Qualcosa lo dimentico di sicuro. Per il viaggio in Repubblica Dominicana avevo dimenticato la batteria del laptop. Ma me lo lasceranno portare o mi spacceranno per una giornalista e rispediranno a casa il mio laptop con me al seguito?

Ecco. Beh, fra tre giorni sarò a Tehran. E poi abbiamo già deciso che nel peggiore dei casi, se qualcosa non dovesse andare bene e ci rispedissero indietro, potremmo sempre fermarci a Istanbul, non sarebbe per niente male come ripiego…

Ultimi Aggiornamenti: pochi minuti dopo la pubblicazione di questo post, la mia Amica Paola, che lavora per una compagnia aerea, mi ha rassicurata un po’ dicendomi che la foto va bene senza velo e per il mio nuovo genere non importa, mi imbarcano lo stesso. Grazie!!

Haiti sì o Haiti no?

Haiti sì o Haiti no?

13 Marzo 2014

12pm. Fatto il primo bagnetto nel Mar dei Caraibi. A Luca piace la spiaggia con i ciottoli perché non sopporta la sabbia che si ferma tra le dita dei piedi. Io non riesco a trovare una posizione sdraiata senza che un sasso mi trafigga un polmone o lo stomaco. Sono arrivati altri due occidentali che sono entrati in acqua ora. Faccio una fatica bestiale a camminare sui sassetti (Luca si stupisce perché dice che ho due solette sotto i piedi, abituata come sono a girare scalza); in più per uscire dall’acqua c’è una salitina di un metro circa, causata dalle onde che hanno depositato lì i sassi. Beh, non ce la faccio. Mi devo mettere a gattoni per spostare un po’ di peso sulle braccia. A Luca quest’immagine fa morire dal ridere. Vorrebbe farci un video. Ecco, mancherebbe solo questo: un video su youtube di me in costume che a quattro zampe cerco inutilmente di uscire dall’acqua.

13.30 Amelina, dagli occhioni neri dolcissimi, ci ha venduto per pochi centesimi un buon dolcetto fatto con noccioline e tanto zucchero. E’ uscito il sole. Sarà impossibile stare in spiaggia ora, quindi dopo pranzo ce ne andremo sulle sdraio attorno alla piscina dell’hotel.

los patos

Mega pranzo in spiaggia oggi: aragosta con banane fritte e un ottimo pesce fritto con riso e ceci. Ho paura a vedere il conto però. Degli altri bianchi si sono portati l’ombrellone, sono stati più intelligenti di noi. Amelina si è messa all’ombra con loro, nella speranza di poter racimolare qualche altro spicciolo. 950 RDS il conto. 16 euro. Neanche tanto dai.20140326-125349.jpg

14.07 Siamo alla piscina dell’albergo. Fa troppo caldo per stare in giro. Qui invece siamo all’ombra, con una brezza leggera, un cactus e una palma da una parte, dei banani dall’altra, come sottofondo i belati di una capretta, il pappagallo che chiama Gionatan (uno dei figli di Giordano) e ogni tanto un gallo.

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la piscina dell’Hotelito Oasi Italiana

18.00 Uff. Pausa. Esprite e Coca Cola. Siamo andati a vedere la piscina naturale alla fine del fiumiciattolo, ma era troppo all’ombra per buttarcisi dentro. L’oceano invece era troppo agitato e a me faceva paura (magari non mi spaventa la gente delle bidonville, ma dell’oceano non mi fido proprio).

natural pool in los patos

Allora siamo stati un po’ sulla spiaggia a decidere sul da farsi. Già Giordano quando gli abbiamo detto che volevamo andare ad Haiti ci ha guardati male e ha detto di lasciare perdere perché la capitale è pericolosa e l’intero paese è molto costoso (a me sembra già cara la Repubblica Dominicana, figuriamoci là!). Però non volevo crederci. Invece guardando la Lonely Planet sembra che in effetti sia un casino. Intanto per andare da Pedernales, che è a Sud-Est, verso Jacmel, che è sempre a Sud, sembra si debba passare per forza per Port-au-Prince, che è a Nord di Jacmel, a tre ore di distanza circa. Boh, forse per una volta la LP non è molto d’aiuto. E di alberghi a 40 USD ce ne sono gran pochi. A Port Salut, a ovest di Jacmel, dove sembra ci siano delle spiagge bellissime, gli hotel hanno dei prezzi improponibili. E allora mi passa la voglia di andarci. Tanto in Repubblica Dominicana ce ne sono di cose da vedere in 6 settimane, tra spiagge, parchi naturali e paesetti. Boh, vediamo. Cerchiamo un po’ in internet e chiediamo quando siamo a Pedernales.

casetta tipica della Repubblica Dominicana

20h14 E’ arrivato un altro veronese. E’ volontario in una missione vicino a Port-au-Prince per un mese e mezzo. Dice che gli haitiani odiano proprio i bianchi. Magari davanti ti sorridono perché hanno bisogno della tua mancia o altro, poi ti darebbero una coltellata. E poi non hanno voglia di lavorare. Appena ti giri si mettono seduti, bisogna sempre tenerli d’occhio. Secondo me è anche colpa di tutte le attività di cooperazione che ci sono nel paese: sono abituati a ricevere da mangiare senza bisogno di far niente. “Mori i xè”, dice Luca semplicemente. Sì, anche qui in Repubblica Dominicana son neri e non si ammazzano di lavoro come i veneti, ma qual è il modo giusto di vivere? Comunque quest’altro veronese mi ha confermato quel che già pensavo da un po’ di tempo: l’industria degli aiuti umanitari, la chiama lui, una magneria. Dei miliardi di dollari che sono stati raccolti negli Stati Uniti dopo il terremoto, solo il 3% è stato usato sul territorio (dati non verificati). Il resto si è perso nelle varie organizzazioni, tra spese amministrative, stipendi vari, veicoli super costosi, ecc. Sta roba mi fa venire una rabbia spaventosa! E pensare che qualche anno fa avrei voluto lavorare in questo settore! Resto convinta che il modo migliore per aiutare i paesi più poveri sia smettere di sfruttare le loro risorse e permettere loro di spostarsi all’estero, se c’è domanda di lavoro.

barchetta a los patos, repubblica dominicana

Ragazzini su una barca a Los Patos

Comunque anche lui sconsiglia di andare ad Haiti, che è un casino. Essendo dei morenti di fame assalgono i turisti in ogni dove, ché uno straniero ha sempre dei soldi con sé, per quanto pochi; poco tempo fa a Port-au-Prince hanno sparato a una coppia che usciva da una banca e non avevano neanche soldi con loro; devi stare sempre all’erta, etc. E poi l’ultima novità è che sembra che da Ainse-a-Pitre (il paesetto appena dopo il confine vicino a Pedernales) si debba salire su un barcone che viaggia di notte per arrivare a Jacmel, tipo la barchetta di legno dei pescatori, solo un po’ più grande, che una volta uno è anche affondato e ci son stati dei morti. Ops, com’è che all’improvviso mi è venuto un formicolio e una gran voglia di andarci?

Dei clienti chiamano Giordano: si è rotta la macchina e son bloccati per strada. Lui si fa passare il fucile dal suo cameriere/aiutante/servo/tuttofare, sale sulla jeep e va a prenderli. Sono le 9.30 di sera e lui non va da nessuna parte senza arma, perché qui è sicuro, ma meglio essere previdenti.