Tibetani in esilio

Tibetani in esilio

5 Ottobre 2010

Ho appena comprato un braccialetto e una collanina da una rifugiata tibetana. Ci sono campi/villaggi per profughi tibetani vicino a Pokhara, che intendo visitare domani. Dopo la repressione da parte della Cina della rivolta del 1959, molti tibetani, compreso il Dalai Lama, la loro guida spirituale, hanno dovuto lasciare la loro patria. Sono dispersi in tutto il mondo, ma molti stanno in Nepal, altri a Dharamsala, nel nord dell’India (dove anche il Dalai Lama vive).

Io non è che avessi bisogno di altri braccialetti, i miei polsi son già piuttosto affollati, e non erano neanche tanto economici, rispetto alla media nepalese, ma è un modo per aiutarli. Da T3 o Accessorize comunque un braccialetto costerebbe di più, e questi almeno so che sono stati fatti a mano con pazienza e cura e so di aver aiutato qualcuno a sfamarsi.

Se solo avessi più soldi comprerei regali per tutti … (= si accettano donazioni) 😉
Magari quando sarò ricca tornerò qui e farò? una bella spesa, ok?

ciao

Next Stop: The Laughing Buddha

Saluti e baci da Pokhara

Saluti e baci da Pokhara

4 ottobre 2010

Oggi sono stata a fare un giro nella “old town” di Pokhara. Son partita dalla zona lago verso mezzogiorno.

La mia giornata era cominciata male. Con uno zaino strappato, uno scarpone rotto, persa la spazzola, nostalgia. Son partita sotto il sole cocente (beh, perlomeno così sembrava a me), la città vecchia molto più distante di quanto sembrava dalla cartina.
A un certo punto la fortuna ha cominciato a girare. Ho trovato sto ristorantino dove mi hanno dato un piattino di patate al forno, piccanti, per 20 centesimi. Niente caffè purtroppo, ne avevo bisogno. Dopo poco un posticino dove un tipo ha aggiustato lo scarpone della mamma per 25 centesimi, lavorando con tanta cura e attenzione certosina che mi ha sorpreso (io avrei messo un po’ di colla alla bona, come si dice dalle mie parti). Come nuovo ora!

Più avanti ho trovato una “german bakery” (non so perché qua vadano di moda le pasticcerie tedesche?) dove ho finalmente potuto bermi il mio caffettino (sempre nescafé, comincio a sentire la mancanza della mia moka. Magari me la faccio spedire?) accompagnato da una bella fetta di semifreddo al cioccolato! Oh wow, questo mi ha proprio cambiato il morale. Dopo un po’ camminando per strada mi son fermata a guardare dei tipi che giocavano a “snake and ladder”, serpente e scala a pioli. Mi hanno invitata a giocare con loro. Ho vinto (si dice che chi è fortunato in gioco non è fortunato in amore… sic).

In un negozio di musica ho comprato un flauto traverso (che non so suonare) a 60 centesimi. Devo imparare. Non deve fare la fine dell’armonica. C’erano anche quei tamburi bellissimi tipo quello che suonavano i porters l’ultima notte del trekking. Peccato che non abbia posto per portarmene uno nello zaino.

Cammino cammino e la gente comincia a chiamarmi da tutte le parti: “hello”, “hello tourist”, “namaste”! A un certo punto bimbi ed adulti cominciano a chiedermi di scattare loro delle foto. Ero un po’ dubbiosa, perché nei paesi poveri la gente o rifiuta di farsi fotografare, o, se accetta, vuole dei soldi in cambio. Questi invece non volevano niente! Solo il piacere di vedersi per qualche secondo nel display della mia Nikon. Beh, naturalmente io son stata più che contenta.

Cammino vicino a delle ragazze che stanno facendo merenda (erano le 5pm circa) e mi offrono una fetta di arancia inzuppata in una salsa piccante, seguita da una sorsata di panna dolce. Io ovviamente accetto. Due volte. Buonissimo! Probabilmente tra due giorni avrò il cagotto, ma ne è valsa la pena.

Mi fermo a scrivere un po’ nel mio diario e una vecchietta si ferma a spiare. Che tipa! Le ho chiesto se potevo scattarle qualche foto, ha accettato, e si è anche tolta il cesto dalla testa per farsi bella. Poco dopo un’altra signora mi chiede di fare una foto alla sua casa (che era decente, rispetto al resto delle case, probabilmente ne andava orgogliosa?).

Insomma, camminavo per questa zona un po’ degradata della città (dove sta la mia guest house, il lakeside, è una zona turistica, molto pulita e in ordine, occidentalizzata, si può perfino trovare bistecca con patate fritte!), che a prima vista intimorisce, e invece ho trovato un’accoglienza incredibile.

Sulla via del ritorno ancora richieste di scatti fotografici, e una sfida a ping pong (sul marciapiede, in mancanza di un tavolino). Ho perso 11-5 stavolta.

Così una giornata cominciata male si è trasformata in una bellissima esperienza. E ho pure ritrovato la spazzola! Mi manca solo di aggiustare lo zainetto.

P.S. Sono in un bar a Pokhara, mangiando/bevendo una cosa strana. Panna acida con pepe, cannella e zucchero. Quasi finito e ancora non ho capito se mi è piaciuto.

Prossima fermata: Tibetani in esilio

Pokhara

Pokhara

26 Settembre 2010

Domenica mattina a Pokhara. C’è un gran caldo e un bel sole. Internet mi sta facendo impazzire da quanto è lento, al solito.
Ho deciso di scrivere un blog per non star lì a mandare mille email con le stesse info, e soprattutto per mia mamma, che ogni volta che al telefono mi chiede cosa ho visto e cosa ho fatto non so cosa risponderle. Quindi non vi aspettate scene erotiche, perlomeno non con me protagonista (me le dovrei inventare comunque visto che io non becco mai!).
E così eccomi qua. Un po’ alla volta spero di riuscire a descrivere tutto il viaggio o almeno i passi più interessanti.
Pokhara è a 200 Km a ovest di Kathmandu, raggiungibile in 6-8 ore di bus. Ieri da Bandipur ci abbiamo messo 3 ore circa. Sul tetto del bus, di nuovo. Più comodo stavolta però, perché eravamo solo Hilde e io e c’era un sacco blu che mi son messa sotto la schiena; quasi prendevo sonno, si stava benissimo con quel sole. Hilde si è presa un filo elettrico in faccia, ma a parte questo tutto a posto (viaggiare sui tetti degli autobus offre una bella vista, ma bisogna stare attenti).

C’è un lago qui vicino, e siamo circondati dalle montagne del complesso dell’Annapurna. Un sacco di attività sono offerte ai turisti, dal bungee jumping al parapendio guidati da un falco, kayaking e meditazione, ma io che son pigra e paurosa non farò niente.

Siamo venute qui perché è il punto di partenza per uno dei trekking più famosi del Nepal. L’Annapurna. C’è la possibilità di fare il “circuito”, che in 14 giorni circa ti porta fino a 5416 metri di altitudine, ma noi ci limiteremo a fare quello che è chiamato il “santuario”, 12 giorni fino ad un max di 4095m. Questa è l’idea, ma finché non parto non ci credo. Son talmente pigra che potrei decidere di passare 10 giorni in riva al lago invece. E’ che non si può venire in Nepal e non andare a camminare, giusto? O forse sì… Magari se sfortunatamente mi slogo una caviglia prima della partenza…

Quando siamo arrivate in ostello ci siamo ritrovate in camera (un dormitorio da 6 letti) un ragazzo olandese conosciuto a Kathmandu. Un gran figo, ha fatto il modello ed ha partecipato a uno show in cui doveva viaggiare da Beijing a Bombay in autostop (n.d.r.: un reality che poi sbarcherà anche in Italia). Fa anche delle foto incredibili. Seduto di fronte a me in sto momento. Ha una bocca perfetta e una bella barba bionda.

pokhara

Non sembra di stare in Nepal qui. Si trovano addirittura bistecche ai ferri con le patatine. E la sera ci sono un sacco di locali con musica dal vivo fino alle prime ore del mattino. Ero abituata a Tibet e Kathmandu, dove tutto chiude tra le 22 e 24. Beh, ieri sera io alle 22 ero già stanca e ho piantato Hilde in un bar con la sua vodka. C’era anche sto J comunque, son sicura che non ha sentito la mia mancanza.

Si è fatto più caldo a Pokhara. Oggi pomeriggio dovremmo andare a procurarci il permesso per il trekking e a registrare il nostro itinerario. Se riesco a staccarmi da internet…

Prossima fermata: Notte prima della faticaccia sadomaso.