La tigre del Bengala

La tigre del Bengala

Avventure al Bardia National Park, Nepal

9 Ottobre 2010

Fare la cacca in un parco nazionale la notte non è proprio l’ideale. Perché si deve accendere la luce e tutti gli insetti vengono a farti compagnia mentre sei in bagno. Quindi mi è passato lo stimolo.

bagno al bardia national park

Bagno al Bardia National Park

 

Mi hanno offerto un lavoro qua, alla lodge dove sto. Potrei accogliere gli ospiti, presentare loro il programma and so on. Tutto per 1000 R (10 euro, al mese? al giorno? di sicuro non all’ora), Dal Bhat e alloggio inclusi. Wow.  Se non fosse così caldo magari ci penserei.

Si può entrare nel parco solo accompagnati da una guida. Eravamo a piedi. Quindi c’era il “rischio” di trovarsi faccia a faccia con una bestia feroce. Mentre camminavamo verso il fiume (il luogo migliore per vedere qualche animale, mentre vanno ad abbeverarsi) la guida ci spiegava che comportamento tenere in caso di incontri ravvicinati. Se confrontati con una tigre, si deve guardarla negli occhi e sostenerne lo sguardo, la tigre se ne andrà. Per il rinoceronte, mollare qualcosa per terra, una maglietta o la macchina fotografica, in modo da distrarlo (i rinoceronti sono attratti soprattutto dagli odori a quanto pare) e salire su un albero (???). Con gli elefanti, basta nascondersi dietro una pianta. A me veniva da ridere mentre ci spiegava tutto questo.

bardia

Hilde mentre legge in attesa di una tigre al Bardia National Park

Era meglio se invece ci diceva cosa fare con le sanguisughe, dalle quali c’era una più realistica possibilità di essere attaccati. Già durante l’Annapurna trekking avevo paura di beccarne qualcuna, ma ero stata fortunata. Stavolta  però non potevo fuggire all’agguato. Con i pantaloni lunghi non sono riuscite ad attaccarsi, ma se non le vedi in tempo si infilano dappertutto, anche nei buchi per i lacci delle scarpe, finché non trovano la pelle. Non fanno male, ma odio chi si ingrassa a spese mie! Ed è meglio non staccarle con la forza, altrimenti la ferita continua a sanguinare. Sale o fuoco sono l’arma migliore contro di loro. 

impronte al Bardia National Park

Impronte al Bardia National Park

 

Ci son solo 22 tigri nel parco ed è molto difficile vederne una. Ce n’erano una settantina 10 anni fa. Poi la guerriglia maoista ha fatto sì che poca attenzione venisse riservata al parco e i contrabbandieri hanno avuto vita facile. Ma la nostra pazienza è stata premiata. Dopo ore di attesa lungo il fiume, abbiamo avvistato una tigre. Da distantissimo, ma sono comunque riuscita ad apprezzare l’eleganza del suo portamento. Devo anche riconsiderare il mio odio per le scimmie, perché sono state loro ad avvisarci del suo arrivo, grazie ai gridolini strani che facevano per avvertirsi del pericolo in arrivo.

tigre al bardia national park

Tigre al Bardia National Park

 

Ci sono anche 18 rinocereonti in questo parco, per la maggior parte del tempo nascosti tra l’erba alta (ne ho visto solo uno, cieco, in un centro di “recupero”, tenuto sotto controllo perché qualche mese fa ha ucciso un vecchietto del villaggio, a causa della sua cecità), dei coccodrilli (che pure non abbiamo visto), tante scimmie, e miliardi di sanguisughe.

Anche il villaggio è figo. Ci son tutte ste case in fango con il tetto in paglia, e l’aratro è trainato da buoi. Sembra di vivere in un altro secolo.

Abbiamo deciso di stare un giorno in più per rilassarci. C’è un tratto di fiume qui vicino dove si può fare il bagno. Sarà la mia occupazione principale domani. Chissà che non mi raggiunga qualche coccodrillo …

Ho voglia di un burger con una bella birra fresca in Crystal Palace.

Dal mio diario:

10am. 3 ore che siamo nel parco e gli unici animali che abbiamo visto finora sono ste dannate scimmie. Un’ape si era innamorata di me e non voleva lasciarmi andare. Tante leeches (sanguisuga), solo nei pantaloni finora. Sono curiosa di vedere quando mi tolgo le scarpe. Siamo qui lungo il fiume da mezz’ora ormai, sperando che qualcosa accada (tipo una tigre affamata che attacca quel branco di cervi lungo la spiaggia? Un elefante che viene ad abbeverarsi? Un rinoceronte?). Comincio ad avere fame. E sonno.

Prima un gruppo di uomini e ragazzi lavorava ad una diga per liberarla dai tronchi che si sono accumulati durante i monsoni. Un gran rumore di rami rotti dietro di noi. Pensavo (speravo) fosse un elefante. Invece erano le solite scimmie. Rompi. Ma ti pare che uno sta qui delle ore in silenzio per vedere… niente? Che poi, io in silenzio non riesco a starci. Tra tosse e raffreddore e fame e scrivere, sto sempre facendo rumore. Ora mi prendo il libro. Finito ieri sera “The forgotten garden” (ndr quello che mi ha regalato Giorgia). Inizio “The art of travel”. Ho sentito qualcosa ringhiare! Ah, era la pancia della guida. 

4pm. Sulla watch tower (torre di controllo? Torre di osservazione? Boh) Biscottini e succo. Ho una gran sete. […] Non sapevo che gli elefanti avessero la barba. E una pelle rugosa che ci vorrebbero ettolitri di crema per renderla soffice. Un ragazzo dai bei piedi neri. Sulla torre. Si sta bene qui. 

tramonto al Parco Nazionale di Bardia in Nepal

Tramonto al Parco Nazionale di Bardia in Nepal

 

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Saluti e baci da Pokhara

Saluti e baci da Pokhara

4 ottobre 2010

Oggi sono stata a fare un giro nella “old town” di Pokhara. Son partita dalla zona lago verso mezzogiorno.

La mia giornata era cominciata male. Con uno zaino strappato, uno scarpone rotto, persa la spazzola, nostalgia. Son partita sotto il sole cocente (beh, perlomeno così sembrava a me), la città vecchia molto più distante di quanto sembrava dalla cartina.
A un certo punto la fortuna ha cominciato a girare. Ho trovato sto ristorantino dove mi hanno dato un piattino di patate al forno, piccanti, per 20 centesimi. Niente caffè purtroppo, ne avevo bisogno. Dopo poco un posticino dove un tipo ha aggiustato lo scarpone della mamma per 25 centesimi, lavorando con tanta cura e attenzione certosina che mi ha sorpreso (io avrei messo un po’ di colla alla bona, come si dice dalle mie parti). Come nuovo ora!

Più avanti ho trovato una “german bakery” (non so perché qua vadano di moda le pasticcerie tedesche?) dove ho finalmente potuto bermi il mio caffettino (sempre nescafé, comincio a sentire la mancanza della mia moka. Magari me la faccio spedire?) accompagnato da una bella fetta di semifreddo al cioccolato! Oh wow, questo mi ha proprio cambiato il morale. Dopo un po’ camminando per strada mi son fermata a guardare dei tipi che giocavano a “snake and ladder”, serpente e scala a pioli. Mi hanno invitata a giocare con loro. Ho vinto (si dice che chi è fortunato in gioco non è fortunato in amore… sic).

In un negozio di musica ho comprato un flauto traverso (che non so suonare) a 60 centesimi. Devo imparare. Non deve fare la fine dell’armonica. C’erano anche quei tamburi bellissimi tipo quello che suonavano i porters l’ultima notte del trekking. Peccato che non abbia posto per portarmene uno nello zaino.

Cammino cammino e la gente comincia a chiamarmi da tutte le parti: “hello”, “hello tourist”, “namaste”! A un certo punto bimbi ed adulti cominciano a chiedermi di scattare loro delle foto. Ero un po’ dubbiosa, perché nei paesi poveri la gente o rifiuta di farsi fotografare, o, se accetta, vuole dei soldi in cambio. Questi invece non volevano niente! Solo il piacere di vedersi per qualche secondo nel display della mia Nikon. Beh, naturalmente io son stata più che contenta.

Cammino vicino a delle ragazze che stanno facendo merenda (erano le 5pm circa) e mi offrono una fetta di arancia inzuppata in una salsa piccante, seguita da una sorsata di panna dolce. Io ovviamente accetto. Due volte. Buonissimo! Probabilmente tra due giorni avrò il cagotto, ma ne è valsa la pena.

Mi fermo a scrivere un po’ nel mio diario e una vecchietta si ferma a spiare. Che tipa! Le ho chiesto se potevo scattarle qualche foto, ha accettato, e si è anche tolta il cesto dalla testa per farsi bella. Poco dopo un’altra signora mi chiede di fare una foto alla sua casa (che era decente, rispetto al resto delle case, probabilmente ne andava orgogliosa?).

Insomma, camminavo per questa zona un po’ degradata della città (dove sta la mia guest house, il lakeside, è una zona turistica, molto pulita e in ordine, occidentalizzata, si può perfino trovare bistecca con patate fritte!), che a prima vista intimorisce, e invece ho trovato un’accoglienza incredibile.

Sulla via del ritorno ancora richieste di scatti fotografici, e una sfida a ping pong (sul marciapiede, in mancanza di un tavolino). Ho perso 11-5 stavolta.

Così una giornata cominciata male si è trasformata in una bellissima esperienza. E ho pure ritrovato la spazzola! Mi manca solo di aggiustare lo zainetto.

P.S. Sono in un bar a Pokhara, mangiando/bevendo una cosa strana. Panna acida con pepe, cannella e zucchero. Quasi finito e ancora non ho capito se mi è piaciuto.

Prossima fermata: Tibetani in esilio

Notte prima della faticaccia sadomaso

Notte prima della faticaccia sadomaso

26 Settembre 2010

Domattina allora in teoria partiamo per l’Annapurna Sanctuary. Dico in teoria, perché stamattina mi son slogata leggermente una caviglia, facendo uno scalino con la testa per aria.

Abbiamo dovuto pagare euro 20 di entrata al parco più 15 di “permesso” per camminare??? cos’è sta roba? già mi tocca fare la fatica e mi tocca anche pagare?? Boh. Comunque non c’ho voglia per niente. C’è un monticello carino qui a Pokhara, da cui si vedono bene i monti, ma è a un paio d’ore di cammino dal centro. Non ci sono andata. E mi aspettano tra i 10 e i 12 giorni di trekking, 6 ore al giorno… Non so perché lo faccio. Anzi, lo so. E’ che non si può venire in Nepal e non fare trekking. Sarebbe come andare in Italia e non mangiare la pizza. Vabbè. In teoria il paesaggio è così spettacolare che ti passa la stanchezza. Speriamo …. (nota dal 2024: dopo esserci stata posso confermare che è un’esperienza magnifica, probabilmente la più bella della mia vita, e ancora oggi dopo 14 anni la ricordo con nostalgia).

Mi son anche comprata un sacco a pelo. Non so perché l’ho comprato. Ne avevo bisogno, perché quello che ho a casa è un po’ inutile, ma potevo semplicemente noleggiarlo, visto che non c’ho posto nello zaino. Non so dove lo metterò. Per il trekking mi porto lo zainetto piccolo, meglio portare poco peso, ma poi quando torno e devo ricaricarmi tutto in spalle, dovrò buttare una maglia per far posto al sacco a pelo. Vabbè. Vedremo.

Sento un odore strano. Di bruciato. Non sono sicura se viene dalla cucina o dalla presa a cui è collegato il mio computer …
Mi sto bevendo un tè nepalese. Non male, ma preferisco lo “sweet tea” del Tibet. Non il yak butter milk tea, quello è abbastanza vomitevole, ma lo sweet tea, quello sì che è buono. Ok. Informo l’ambasciata italiana in Kathmandu del mio itinerario.
A presto.

PS. ho scoperto che non c’è un’ambasciata italiana in Nepal. Ho avvisato l’ambasciata in India. Notte.

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Prossima fermata: Annapurna.

Pokhara

Pokhara

26 Settembre 2010

Domenica mattina a Pokhara. C’è un gran caldo e un bel sole. Internet mi sta facendo impazzire da quanto è lento, al solito.
Ho deciso di scrivere un blog per non star lì a mandare mille email con le stesse info, e soprattutto per mia mamma, che ogni volta che al telefono mi chiede cosa ho visto e cosa ho fatto non so cosa risponderle. Quindi non vi aspettate scene erotiche, perlomeno non con me protagonista (me le dovrei inventare comunque visto che io non becco mai!).
E così eccomi qua. Un po’ alla volta spero di riuscire a descrivere tutto il viaggio o almeno i passi più interessanti.
Pokhara è a 200 Km a ovest di Kathmandu, raggiungibile in 6-8 ore di bus. Ieri da Bandipur ci abbiamo messo 3 ore circa. Sul tetto del bus, di nuovo. Più comodo stavolta però, perché eravamo solo Hilde e io e c’era un sacco blu che mi son messa sotto la schiena; quasi prendevo sonno, si stava benissimo con quel sole. Hilde si è presa un filo elettrico in faccia, ma a parte questo tutto a posto (viaggiare sui tetti degli autobus offre una bella vista, ma bisogna stare attenti).

C’è un lago qui vicino, e siamo circondati dalle montagne del complesso dell’Annapurna. Un sacco di attività sono offerte ai turisti, dal bungee jumping al parapendio guidati da un falco, kayaking e meditazione, ma io che son pigra e paurosa non farò niente.

Siamo venute qui perché è il punto di partenza per uno dei trekking più famosi del Nepal. L’Annapurna. C’è la possibilità di fare il “circuito”, che in 14 giorni circa ti porta fino a 5416 metri di altitudine, ma noi ci limiteremo a fare quello che è chiamato il “santuario”, 12 giorni fino ad un max di 4095m. Questa è l’idea, ma finché non parto non ci credo. Son talmente pigra che potrei decidere di passare 10 giorni in riva al lago invece. E’ che non si può venire in Nepal e non andare a camminare, giusto? O forse sì… Magari se sfortunatamente mi slogo una caviglia prima della partenza…

Quando siamo arrivate in ostello ci siamo ritrovate in camera (un dormitorio da 6 letti) un ragazzo olandese conosciuto a Kathmandu. Un gran figo, ha fatto il modello ed ha partecipato a uno show in cui doveva viaggiare da Beijing a Bombay in autostop (n.d.r.: un reality che poi sbarcherà anche in Italia). Fa anche delle foto incredibili. Seduto di fronte a me in sto momento. Ha una bocca perfetta e una bella barba bionda.

pokhara

Non sembra di stare in Nepal qui. Si trovano addirittura bistecche ai ferri con le patatine. E la sera ci sono un sacco di locali con musica dal vivo fino alle prime ore del mattino. Ero abituata a Tibet e Kathmandu, dove tutto chiude tra le 22 e 24. Beh, ieri sera io alle 22 ero già stanca e ho piantato Hilde in un bar con la sua vodka. C’era anche sto J comunque, son sicura che non ha sentito la mia mancanza.

Si è fatto più caldo a Pokhara. Oggi pomeriggio dovremmo andare a procurarci il permesso per il trekking e a registrare il nostro itinerario. Se riesco a staccarmi da internet…

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Prossima fermata: Notte prima della faticaccia sadomaso.

Cronaca da Bandipur

Cronaca da Bandipur

24 Settembre 2010

C’è la luna piena a Bandipur. Bello. Soprattutto quando si viene da Kathmandu, dove non si vede niente a causa della cappa creata dall’inquinamento.

Un paesino bucolico sulle colline Nepalesi con ragazzi che giocano a calcio in infradito, alberi giganti, pannocchie messe ad asciugare.

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Guesthouse a Bandipur

Questa guest house è fenomenale. Mi sembra di vivere un’esperienza nel passato, al tempo in cui i miei genitori erano piccoli. Soffitto e porte sono in legno. Il pavimento è in terra battuta (boh, si dice così? Ho sentito parlare di “ferro” battuto, ma terra? ma E’ terra battuta). Ci sono ragni giganteschi che mi aspettano fuori dalla porta (e spero continuino ad aspettare fuori). Il bagno è uno sgabuzzino sul retro della casa, con un buco sul pavimento (con del cemento attorno però, piuttosto moderno). Non c’è lo sciacquone, ma un secchio con un pentolino. Credo che si possa usare la stessa acqua per lavare il pavimento o sé stessi dopo i bisogni, rigorosamente con la mano sinistra (con la destra si mangia e si stringono mani). Sopra la doccia un contenitore che raccoglie l’acqua piovana. Niente doccia per me stasera. La doccia fredda mi fa venire il mal di testa. Mi sono lavata alla nepalese. C’è sto quadrato di cemento in mezzo a una stanza, e due contenitori di acqua. Uno sembra più pulito dell’altro, quindi ho immaginato che il primo fosse per faccia e denti, il secondo per i piedi. Niente di particolarmente fuori dall’ordinario. Dopo aver visto uomini arzilli belli insaponati, nudi come mamma li ha fatti (solo un po’ più panciuti magari) lavarsi nel Lhasa River in Tibet, poco mi potrà sorprendere ancora. Anche in Nepal si lavano per strada. Lungo i ruscelli, se fuori città, o alle fontane pubbliche che ci sono in giro per le strade (come visto a Kathmandu). Interessante. Non sono fontane come le intendiamo noi, tipo la Trevi a Roma. Mi vien da dire che son tipo dei bagni romani, anche se non so perché, non so se nell’antica Roma avessero dei luoghi simili. Beh, son degli spiazzi di circa 10 x 10 metri, un paio di metri sotto il livello della strada, con un lavandino nel mezzo. La gente ci va per prendere secchi d’acqua per la giornata o per lavarsi. Un sacco di donne che si lavavano i capelli ho visto. E’ anche un luogo di incontro, dove i vicini scambiano due chiacchiere mentre aspettano il loro turno.

bandipur

Ho scordato di raccontare un aneddoto interessante sul viaggio tra Kathmandu e Bandipur. Eravamo su un microbus, che ha posto per 20 persone circa. Tutti schiacciati. La strada seguiva il fiume Trisuli, era tutta curve e gli autisti qui guidano all’impazzata. Risultato: 3 persone vomitavano. Nei loro bei sacchettini. In Italia l’autista si sarebbe fermato a far prendere aria. Non qui, non c’è tempo. La tizia davanti a me quando ha finito di vomitare ha alzato il suo bel sacchetto, mezzo pieno di liquido giallognolo. Il problema è che sto sacchetto aveva un buchino, e mentre lo buttava dal finestrino (alla faccia della plastica non biodegradabile) un schizzino di vomito mi ha colpito. Stranamente non aveva un brutto odore, quindi non mi ha dato particolarmente fastidio. Ha cominciato a preoccuparmi un po’ di più quando ha messo la testa parzialmente fuori dal finestrino, lì il rischio era molto più alto! Ma fortunatamente le è passato in fretta. Un’altra tizia una fila più avanti ha passato l’ultima mezz’ora con la testa dentro il suo sacchetto. Boh.

A Bandipur ho conosciuto il primo italiano di questo viaggio. Da Torino. Viaggia da 10 mesi. Ha ancora un 3-4 mesi davanti a lui, che passerà tra il Bangladesh, Iran e Medio Oriente. Interessante. Anzi, ora lo aggiungo a Facebook. (n.d.r. ora è diventato un fotografo abbastanza conosciuto, Luca Vasconi; in effetti fa delle foto pazzesche, ha una sensibilità particolare).

Ok, powercut. Sono le 23 e qualcosa e qui non c’è più elettricità. Ora di andare a dormire.

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