Kathmandu

Kathmandu

Diario dai primi giorni in Nepal

26 Settembre 2010

Il secondo giorno a Kathmandu abbiamo noleggiato uno scooter e una moto con Lee. Siamo usciti da Kathmandu e abbiamo guidato fino a Dakshinkali, un tempio induista su una collina. E’ stato bello andare in giro in moto. Finalmente un po’ di aria fresca. Sfortunatamente era domenica. Perché il tempio è dedicato a Kali, una dea assetata di sangue, e il sabato si può assistere ad una processione in cui galline, anatre, capre e maiali vengono offerti alla dea, uccisi e scuoiati lì e poi cotti alla griglia. Sembra interessante. Anche se si è vegetariani. E’ comunque una tradizione importante per loro.

Dakshinkali temple in Kathmandu
Dakshinkali temple in Kathmandu

Tornati a Kathmandu corpi e vestiti erano coperti di polvere e inquinamento. Beh, mi ci sto abituando. E’ lo stesso quando si viaggia in autobus, con i finestrini sempre aperti (perché ovviamente non esiste l’aria condizionata). La sera ci siamo trovati con J, e Lee ha portato all’appuntamento due vecchie conoscenze, due messicani un po’ strani che avevamo conosciuto a Chengdu, China. 19 anni, stanno viaggiando per 6 mesi prima di cominciare l’università. Uno parla giapponese e cinese, oltre ad un inglese perfetto ovviamente. L’altro è un esperto nel preparare le macedonie di frutta, tagliando banane, papaya, mango e dragon fruit con l’attenzione certosina di un intagliatore.

Lunedì siamo andati tutti insieme a fare rafting sul Trisuli, un fiume che va da Pokhara a Kathmandu. E’ stato piuttosto noioso. Avevo già fatto rafting in Cile da qualche parte, e ricordo che per tutto il tempo avevo paura di cadere in acqua, tra le forti correnti e le rocce. Le due ore sul Trisuli sembravano non finire mai. Sembrava più una crociera che un rafting. Potevamo quasi giocare a carte. Ogni tanto c’era un momento avvincente, con grosse onde che ci coprivano, ma durava poco. Comunque a quanto pare ho bevuto abbastanza acqua del fiume da farmi venire un po’ di cagarella. Quindi martedì non ho fatto niente, relax.

Mercoledì già mi era passato e Hilde e io siamo andate a Swayambhunath, il tempio delle scimmie. Su una collinetta, è sia buddista che induista. Lungo la scalinata per arrivare al tempio ci sono orde di scimmie che ti camminano attorno e sopra la testa (sulle piante, e bisogna anche sperare che non ti piscino in testa!). Erano bruttine, ma meno spaventose di quelle del Monte Emei, vicino a Chengdu. Là erano molto più grandi con la faccia di un vecchio cattivo, e attaccavano i turisti. A Swayambhunath stavano tra di loro a coccolarsi e spulciarsi. Erano quasi carine.

Swayambhunath, monkeys temple in Kathmandu
Swayambhunath, monkeys temple in Kathmandu

Mentre eravamo a Swayambhunath a leggere la Lonely Planet, un paio di bambini si sono seduti vicino a noi. Avranno avuto 5 anni. Volevano una rupia o due. Poco dopo altri due ragazzi sui 14 anni si sono avvicinati, e ci hanno chiesto se avevamo una rupia per i ragazzini più piccoli. Chiaramente quelli più piccoli lavoravano sotto la protezione e il controllo di quelli più grandi.

Non mi aspettavo questa brutta situazione per i ragazzi in Nepal. Vicino al Thamel c’è una zona dove durante il giorno i ragazzini dormono per terra. La notte sono in giro a spacciare e fare altri loschi lavori. Con le prime luci del giorno sniffano colla fino a stordirsi. Fanno una gran pena. Ci sono organizzazioni che li potrebbero accogliere, ma probabilmente preferiscono la loro indipendenza, per quanto misera.

Beh, dopo il tempio delle scimmie siamo andate a Durbar Square (Durbar significa palazzo in nepalese). E’ la principale piazza di Kathmandu, piena di templi e palazzi interessanti. Altre Durbar Squares interessanti sono a Patan e Bhaktapur. Quel giorno a Kathmandu c’era un festival importante, l’Indra Jatra. Indra era un dio ariano della pioggia, che era stato arrestato a Kathmandu mentre rubava un fiore per la madre. Durante la festa un tizio con un’immensa parrucca rossa che impersonava Indra correva di qua e di là per la piazza per scappare dalla massa di gente che lo doveva catturare.

Celebrating Indra Jatra in Kathmandu
Celebrating Indra Jatra in Kathmandu

Nel frattempo una lunga processione di macchine di vari ambasciatori arrivava al palazzo reale per assistere allo spettacolo da un bel terrazzo. Ho pure visto il presidente del Nepal, anche se non so quale fosse fra i tanti. A un certo punto Kumar Devi, una ragazzina impubere che è una dea vivente (fino al suo primo ciclo, poi un’altra ragazzina prenderà il suo posto), è stata trasportata su un trono in giro per la città. Kumar Devi non lascia mai la sua abitazione tranne in rare occasioni (tra cui questa) e i suoi piedi non toccano il suolo. Interessante la massa di gente colorata sugli scalini del tempo, venuta ad assistere.

indra jantra


Per la sera abbiamo deciso di stare sull’economico. Un piatto di spaghetti cinesi a 50 centesimi in uno di quei ristorantini locali (più è sporco e più è saporito, dice Lee) e una bottiglia di vodka al supermercato, da bere sul tetto della nostra guest house.

Quel giorno poi siamo andate a Patan, che ormai è diventata parte di Kathmandu, separata solo da un fiume. Una città antica. Interessante girovagarci e perdersi nel labirinto delle sue vie e passaggi nascosti. Con una bella Durbar Square, che abbiamo visto un po’ velocemente, evitando i personaggi che volevano farci pagare l’entrata di 2 euro (beh, possono anche sembrare pochi 2 euro, ma io ci faccio ben 4 pasti!!). Templi e statue dappertutto. E “courtyards”, piazzole nascoste all’interno di stradine minuscole, dove si entra solo a piedi, circondate da case. Originali. Riservano le sorprese più belle. Girovagando ci intrufolavamo in questi vicoli che portavano a una piazzetta da cui partiva un altro vicoletto che collegava a un’altra e via così. Una sorta di labirinto nascosto alle macchine. Curioso.  

E la sera al ritorno a Kathmandu abbiamo cenato in un altro ristorantino locale, in compagnia di due bimbi super simpatici, e poi relax in un locale occidentale con internet dove una sprite è costata 2 volte la mia cena. Addio a Lee. Mi mancherà.

Kathmandu è una città particolare. Un casino per il traffico. Se restavo qualche giorno in più penso che avrei fatto cadere qualche motorista. Non sopportavo più di sentirmi il clacson dritto nei timpani tutto il tempo. E un casino girarci. Ho imparato giusto quelle due vie intorno al Thamel, la zona più turistica, abbastanza per riuscire a tornare alla guest house dove stavo. E’ piuttosto cara anche, per essere Nepal. Una birra costa quasi 2 euro, per dire. Si trova però cibo per strada a pochi centesimi (e sempre a un prezzo “turistico”, di solito il doppio o un terzo in più rispetto a quello che paga la gente del posto; cosa che comunque rispetto, visto che pochi nepalesi son fortunati come noi e si possono permettere di viaggiare). Adoro i “momo”, dumplings himalayani; con 30 centesimi te ne danno 10. Buon snack. E ci sono supermercati apposta per turisti, con prodotti occidentali (a prezzi occidentali). Niente succo di frutta per me a Kathmandu, costa troppo.    

patan
Patan

La mia compagna di stanza e compagna di viaggio degli ultimi 10 giorni ha il raffreddore e continua a “tirare su” con il naso. Alla cinese. Glielo devo ricordare che siamo in Nepal e non più in Cina? Comunque la convivenza sta diventando pesante. Ma ho bisogno di qualcuno con cui fare trekking sui monticelli qua vicini chiamati Himalaya, più qualcuno con cui dividere le spese nel Parco Nazionale e poi posso finalmente tornare sola. Probabilmente anche lei non vede l’ora. Chi mi conosce sa che quando comincio a infastidirmi so essere piuttosto antipatica e insopportabile… C’era invece sto altro compagno di viaggio, un inglese di 28 anni, dal quale non mi sarei mai staccata. Troppo piacevole starci insieme. Una di quelle persone che non parla tanto per parlare, che sa che a volte il silenzio ci può stare, e che quando apre bocca è quasi sempre per dire qualcosa di interessante. O se dice qualcosa di stupido è comunque uno stupido che fa ridere. E non ripetitivo. Ecco. Sto comparandolo a ‘ste altre due tipe con cui ho viaggiato in Tibet. Logorroiche. Scusa se mi metto le cuffie e mi ascolto la mia musica, ma mi serve una pausa.    

Post precedente: Primi giorni in Nepal.

Prossima fermata: Bandipur.

Kathmandu

Kathmandu

I wrote this in 2010 during my trip to Nepal.

September 26, 2010.

The second day in Kathmandu we rented a scooter and a motorbike with Lee. We went out of Kathmandu and drove to Dakshinkali, a hindu temple on a hill. It was nice to go around on a bike. Finally a bit of fresh air. Unfortunately it was Sunday. The temple is dedicated to Kali, a blood-thirsty goddess, and on Saturdays you can assist to processions in which chickens, ducks, goats and pigs are offered to the god, killed right there and grilled on the spot. It must be interesting. Once we got back to Kathmandu our bodies and clothes were covered in dust and pollution. Well, I’m getting used to it. It’s pretty much the same when you travel by bus, with the windows always open. 

Dakshinkali temple near Kathmandu
Dakshinkali Temple

In the evening we met with J, and Lee brought to the rendez-vous two old friends, two weird Mexicans we met in Chengdu. 19 years old, they are traveling for 6 months before they go to uni. One speaks Japanese and Chinese, plus a perfect English of course. The other one is an expert in making an amazing fruit salad cutting banana, papaya, mango and dragon fruit with an attention to detail like a wood carver. 

On Monday we all went rafting on the Trisuli, a river that runs from Pokhara to Kathmandu. It was quite boring. I had already done rafting in Chile somewhere, and I remember I was afraid I could fall into the waters, among the strong currents and the rocks. The two hours on the Trisuli were never ending. It was more a cruise than a rafting. We could have played cards. From time to time there was a part a bit more exciting, with big waves that covered us, but it was short. But apparently I drank enough water to get me sick a bit the following day. Like all waters in Asia it’s probably not really drinkable. So on Tuesday I didn’t do anything, I just relaxed. 

On Wednesday Hilde and I went to Swayambhunath, the monkeys temple. On a hill, it’s both Buddhist and Hindu. Along the long staircase to get there, hordes of monkeys walk around you and above you (on the trees, and better be careful not to be pissed down!). I found them quite ugly, but these were less scary than those on Mount Emei, near Chengdu, in China. Those were bigger, with the face of a naughty old man, and they attacked tourists. In Swayambhunath they were among themselves cuddling and cleaning from fleas. They were almost cute. 

Swayambhunath temple in Kathmandu
At Swayambhunath temple

In Swayambhunath a couple of children came closer to us while we were reading the Lonely Planet. They must have been about 5 years old. They asked for a rupie or two. A few minutes later two more boys approached us, about 14 years old, and asked if we had some rupies for the younger ones. It looked as if the 5 yrs old were working for the older.

I wasn’t expecting the children situation to be so bad in Nepal. Near Thamel there’s an area where during the day children sleep on the pavement. I’ve been told that during the night they sell drugs and have some other traffics. With the first light they sniff glue until they are dull. It’s terrible to see. There are NGOs working here that might help them, but I guess they like their independence, even if miserable.

After the monkeys temple we went to Durbar Square (Durbar means palace in Nepalese). It’s the main square in Kathmandu, full of temples and interesting palaces (editor’s note: I’m talking about before the earthquake in 2015 here, I don’t know how the situation is now). Other interesting Durbar Squares are in Patan and Bhaktapur. That day in Kathmandu there was an important festival taking place, the Indra Jatra. Indra was an Aryan god of the rain, arrested in Kathmandu because he stole a flower for his mother. During the festival a guy with a huge red wig that impersonates Indra, runs up and down around te square to run away from the people that had to arrest him.

Durbar Square in Kathmandu during the Indra Jatra.

There was a huge crowd on the steps of the temple, watching the show.

In the meantime, a long queue of cars with ambassadors was arriving at the palace to watch the show from a terrace. I even saw the Nepalese presidente, but I don’t know which one he was. At one point Kumar Devi, a young girl that is considered a living goddess (until her first menstruation, at which point another girl will take her place), was carried on a throne around town. Kumar Devi never leaves her house, only in rare occasions (among them was this one) and her feet never touch the soil. There was a huge crowd on the steps of the temple, watching the show.

Celebrating Indra Jatra in Kathmandu

In the evening we had something cheap for dinner. Chinese spaghetti at 50 cents in one of those local restaurants (the dirtiest, the tastiest, says Lee) and a bottle of vodka from the supermarket, to drink on the roof of the guesthouse.

The following day we went to Patan, a town that has now been incorporated in Kathmandu, separated by a river only. It’s an old town. It’s nice just to walk around and get lost in the labirinth of its streets and hidden passages. With a beautiful Durbar Square, that we saw quickly to avoid the guys that wanted us to pay 2 euro (I know you think 2 euro is nothing, but I actually eat 4 times with 2 euro!).

In the evening back in Kathmandu we had dinner in another local restaurant, with two young kids super cute; later relax in a western style club where a sprite cost twice my dinner. Goodbye Lee, last time I see him.

Kathmandu is a peculiar town. It’s very chaotic. If I stayed one more day, I think I would have kicked some motorists down their motorbikes. I couldn’t stand the horn all the time. And it’s so complicated to walk around! I’ve learnt just those two streets around the Thamel, the tourist area of Kathmandu, enough to be able to go back to the guesthouse where I was staying. It’s also quite expensive, considering it’s Nepal. A beer is almost 2 euro, for example. But you can find street food for few cents (and still at a touristic price, usually double or three times what a local pays; but I accept this thing, as few nepali are lucky as we are and can afford traveling). I love “momo”, himalayan dumplings; with 30 cents you can get 10. Great snack. And there are shops for tourists, with western products (and western prices). No juice for me in Kathmandu, it’s too expensive.    

In Kathmandu there are temples and statues everywhere. And courtyards, hidden behind tiny alleys, that you can enter only walking, surrounded by houses. Nice. They hide the best secrets. Yesterday, in Patan, walking around we entered these small alleys that brought us to a small square, from where another alley went to a new square, and so on. Like a labyrinth hidden from the cars. Peculiar.

Men in Patan
Patan

I’ve been traveling with a girl for the last 10 days, because I would like to have a companion for the trekking on the little mountains that are here, called the Himalayas, and share the expenses to visit a National Park. But it’s difficult. I would prefer to be alone, and she probably feels the same because I realize I can be a jerk. It is true that traveling can test your friendship or fondness for the people you are with.

Next stop: Bandipur.