Un’oasi italiana

Un’oasi italiana

12 Marzo 2014

16h49 Eccoci all’Hotelito Oasi Italiana di Los Patos, Paraiso. Ci resteremo almeno tre giorni per riprenderci. L’Hotelito è di nome e di fatto un’oasi di pace e tranquillità. Il proprietario è di Verona. La Lonely Planet raccomanda questo posto per il cibo; a me non interessa proprio mangiare italiano, ma il posto è veramente carino. Con una piscina, due pappagalli e due coniglietti. Le colline da queste parti arrivano fino al mare, la strada che lo costeggia è tutto un saliscendi e con i gua-gua che cadono a pezzi è una fortuna ogni volta arrivare a destinazione (infatti per strada abbiamo incontrato un gua-gua fermo con i passeggeri seduti all’ombra ad aspettare).

La gente mi sorprende in continuazione. Abbiamo pagato per venire fin qui 100RD$ (1,7 euro circa), da Barahona, tanto quanto hanno pagato quelli che si sono fermati a Paraiso, un paio di chilometri più a nord. E come se non bastasse ci hanno portati fin dentro all’hotel, che è un po’ su per la collina!

Uno dei due pappagalli si agita quando arrivano degli ospiti. Ora si è calmato e gira tranquillo tra di noi.

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Il proprietario dell’hotel si chiama Giordano Mettifogo, viene da Verona ma la sua famiglia discende da Arzignano :). E’ qui da 13 anni e ormai fa fatica a parlare italiano (cioè, lui probabilmente è convinto di parlare un italiano pulito, in realtà a volte neanche si capisce da quanto è mischiato con lo spagnolo). Mi ha confermato che sono bouganville le piante bellissime che si vedono in giro. Da noi sono tanto delicate (dice lui, non me ne intendo), mentre qui basta tagliare un ramo, tenerlo nell’acqua finché fa le radici e poi metterlo nella terra e questo cresce.

Luca è proprio contento. Dice che arrivare fin qui è stata un’avventura. Ah ah, poverino, ancora non sa cos’è una vera avventura.

18h56 Iniziata ufficialmente la “dieta da viaggio”. Anche oggi un solo pasto sostanzioso (che dobbiamo ancora fare) oltre alla colazione (in realtà ne abbiamo fatte due di colazioni: in albergo con due fette di pane tostato e, dopo che siamo riusciti a prelevare, per festeggiare ci siamo concessi un cappuccino, una empanada con il formaggio -cioè un minuscolo pezzetto di sottiletta gialla, dello stesso tipo che ci avevano dato all’albergo da mettere sul toast- e un dolcetto bianco che non so cosa fosse).

Siamo in spiaggia. Si sta benissimo. Il sole è calato dietro di noi e si vede la luna. Quando si farà buio mi porterà a mangiare sto uomo, o ancora no???

Abbiamo chiesto a Giordano se c’è la malaria. No no, solo la dengue. An bon, allora….

19h56 Siamo al ristorante dell’hotelito. Abbiamo deciso di trattarci bene per un paio di giorni. Stasera lamb e dorado; il primo un mollusco che si trova dentro una conchiglia gigante, servito con polenta (adattamento veronese), l’altro un filetto di pesce al vino bianco. Per aperitivo un paio di caipirinha, se riusciranno a portarcele al tavolo giusto (ci sono tre francesi al tavolo di fianco che quando si son visti arrivare sti bicchieri con l’erba dentro prima li hanno assaggiati, poi capito che non era roba che avevano ordinato loro, ce li hanno passati; boh). E per domani a pranzo abbiamo ordinato una langoste (aragosta) da mangiare sotto un tendone in spiaggia. A 500 RD$ (8.50 euro circa) a libbra (450 gr.). Le aragoste sono vietate però nel periodo dell’accoppiamento.

Caipirinha per iniziare e sorbetto per finire. C’è un tipo che vende gioielli in Larimar, una pietra per cui la Repubblica è conosciuta, insieme all’ambra. Ha esposto tutti i suoi prodotti solo per me proprio qui sotto. La cosa mi mette un po’ ansia.

Giordano ci racconta un po’ la sua storia. E’ venuto qua in vacanza varie volte. Una quindicina d’anni fa una cliente (credo facesse il fotografo di professione) gli ha proposto di prendere in affitto una casa di cui era proprietaria a Los Patos; lui ci è venuto e non se n’è più andato. Ci ha sconsigliato di andare ad Haiti. Dice che Port Au Prince è pericolosa e che tutta Haiti costa una follia a causa dei molti cooperanti che vi lavorano e girano per farsi vacanzine di qua e di là.

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Mantenere il suo albergo gli costa 2.5000 RD$ (circa 40 euro) al giorno, e da quando stanno facendo i lavori al fiume che crea una piscina naturale per la quale è tanto famoso Los Patos, si vedono molti meno clienti. Un negozio locale è passato da 2 quintali a 20 kg di riso al mese venduti. 15 famiglie che affittavano cabanas sul laghetto e vivevano di quello, si sono ritrovate senza niente (non c’è la cultura del risparmio, quel che si guadagna si spende, quindi non avevano niente da parte per questi mesi di inattività). Il governo dice che i lavori dovrebbero essere finiti per la Settimana Santa, quando arrivano i turisti americani, ma lui dubita.

Il nuovo presidente della Repubblica Dominicana, Danilo Medina, è del Sud, ci dice Giordano, e la gente del posto ripone molta fiducia in lui. Ha promesso che costruirà una strada che collega direttamente il nord alla zona di Paraiso. In effetti sarebbe un bene, perché qui per andare da qualsiasi parte bisogna tornare a Santo Domingo, che è a 4-5 ore di gua-gua. C’è l’altopiano però, tra le due coste. Mi sa che ci vorranno anni prima di vedere sta strada…