Cristiani e caffé a Isfahan

Cristiani e caffé a Isfahan

23 Febbraio 2015

14h08 Siamo all’Abbasi Tea House, dove un caffè costa 80.000 Ril (2 euro) + 23% di tasse, quando per pranzo abbiamo pagato 10.000 Ril (circa 2.50 euro) per due ottimi dizi e due chay in un buchetto del bazaar. L’Abbasi Tea House fa parte di un hotel di super lusso, con un bagno che viene pulito in continuazione. E c’è anche internet. E’ questo il motivo principale per cui veniamo qui. 

Masjed-e Jameh

Masjed-e Jameh

Stamattina siamo partiti dalla Masjed-e Jameh, la moschea più grande dell’Iran. Bellissima, con un bel gioco di maioliche e mattoncini. Poi giro per il bazaar, abbiamo preso delle spezie, di nuovo in Piazza dell’Imam e poi qui per pipì e rifornimenti. Tea house per stranieri e iraniani facoltosi.

Mi piace molto camminare per il bazaar. E’ una specie di galleria con negozi da entrambi i lati che si snoda per varie stradine, a volte ci siamo anche persi, ma la strada principale collega praticamente Imam Square a Masjed-e Jameh. 

Ora andiamo a vedere Jolfa, il quartiere armeno, e i ponti sullo Zayandeh, il fiume di Isfahan.

15h Merenda con un bicchiere pieno di mais caldo con patatine (quelle confezionate in busta), funghi, maionese, sale, pepe e spezie. Non il mio snack preferito, un mix troppo strano. 

19h Siamo al ristorante di fronte al nostro hotel. Due polli con riso. Tornando qui ci siamo fermati all’Abbasi, di nuovo per andare in bagno (senza bisogno di comprare niente). Sembra un luogo di riposo per stranieri, un rifugio. Le poltroncine lungo il corridoio per il bagno erano occupate da cinesi e da noi due, tutti intenti a controllare email e Instagram (l’unico social che funziona qui in Iran).

Bellissimi i ponti e bella la zona armena, con chiese, piazzette e coffee shop ovunque. Molto diverso dall’Iran a cui ci eravamo abituati. Caffè a volontà, e fatto anche con la moca! Ci torneremo domani a mangiare stinco di agnello.

Delizioso piatto iraniano

Pranzo delizioso al Khan Gostar Restaurant, consigliato dalla Lonely Planet

Nei tre giorni abbondanti che siamo stati a Isfahan abbiamo visto diverse cose: la moschea Masjed-e Jameh, lo Zayandeh, Jolfa, il Kakh-e Chehel Sotun, un palazzo con un bel giardino dove abbiamo incontrato una gita di studentesse con cui abbiamo scambiato qualche parola, ma alla fine tornavamo sempre a Naqsh-e Jahan (Imam) Square, la gigantesca piazza principale di Isfahan, probabilmente una delle più belle del mondo. Impressionante. 

Da Isfahan abbiamo perso un bus notturno per l’aeroporto di Tehran, così da non dover tornare nella capitale e poi andare in aeroporto che sarebbe stato un po’ complicato e ci avrebbe fatto perdere tempo. L’autista guidava come un pazzo, al solito, ma siamo arrivati salvi e sani.

Al Totia Hotel di Isfahan

Al Totia Hotel di Isfahan

Isfahan, Totia Hotel

21Feb 2015

Alle 6 di stamattina eravamo a Isfahan, in autostrada però, non in centro città. Quindi abbiamo pagato altri 170.000 Ril per venire in città (4 euro poco più). Più altri 300.000 perché era presto per il check-in. Però è stato un bene avere subito la stanza: ho dormito un’altra ora e mezza, doccia e colazione e ora sto molto meglio, anche se ancora un po’ assonnata. C’è di buono che per la stanza paghiamo solo 900.000 Ril (circa 22 euro, non accettano euro ed è la prima volta che ci capita). Io ero tutta contenta perché a Isfahan la stazione dei pullman a lunga percorrenza è poco distante dal centro e ci arrivano gli autobus cittadini, sapevo già come arrivare in hotel. Invece ci hanno fatto scendere in autostrada, mezzo rincoglioniti, perché il nostro autobus andava a Tehran e non è passato per il centro di Isfahan. Avrei dovuto chiedere in biglietteria un pullman che si ferma a Isfahan.

Il Totia è un hotel moderno, come quello a Tehran. Mi sa che non ce ne sono di tradizionali qua, o magari costano troppo.

Ok, andiamo alla scoperta della meta più gettonata dell’Iran!

Imam Square in Isfahan

Piazza dell’Imam

Imam Square è bellissima. La seconda piazza più grande del mondo dopo Tien-An-Men a Beijing. E’ così grande che ci sono carrozze trainate da cavalli che sono super gettonate (da stranieri e gente del posto) come mezzo per girare la piazza.

Con una bella piscina, alberi, due moschee fantastiche, un bazar e un palazzo dal cui terrazzo si potrebbe vedere la piazza, se non fosse in ristrutturazione. Ci sono dei ragazzi che girano per la piazza per attirare i visitatori verso i loro negozi dove vendono tappeti o teli stampati; è interessante stare ad ascoltare le loro spiegazioni sui colori vivi verde e rosso usati dalle tribù del Nord-Ovest, colori più scuri dei nomadi del deserto dell’Est, i tappeti di città, più fini, e io penso ai miei gatti e quanto si divertirebbero a grattare questi tappeti da 200-1000 euro. Comunque non è obbligatorio comprare e non insistono tanto.

E’ un posto ideale per guardare la gente che passa. E’ pieno di gente, turisti, anche iraniani, studenti in gita scolastica, abitanti del posto che vengono a passeggiare, insomma, una vera agorà.

Persepolis e poi bus notturno per Isfahan

Persepolis e poi bus notturno per Isfahan

20 febbraio 2015

Nel giorno 30 dell’11mo mese dell’anno persiano 1393 siamo stati a PERSEPOLIS.

Bellissima. Ancora si vedono bene quelle immagini incise nella roccia 2500 anni fa, nel 520 a.C. Quelle immagini delle delegazioni straniere che fanno la fila per fare visita al re, portando doni, danno proprio l’idea di come deve essere stato. Emozionante essere lì a vedere di persona cose viste in foto. Due ore girovagando per il sito. Poi Naqsh-e Rostam e Naqsh-e Rajab, tombe di vecchi imperatori. E Pasargade, che se sapevo che era così distante (altri 70 km dopo Persepolis) e che c’era così poco da vedere (anche se non abbiamo visto tutto, ma chi se ne frega), me ne stavo a casa. Cioè, tornavo prima.

Ora siamo stanchissimi e il bus è tra più di 3 ore. Tra un po’ andremo in stazione, tanto abbiamo cenato, e aspetteremo lì. Dizi e Zereshk Polo per cena, il riso con pollo e melograno di ieri (era più buono quello di ieri alla tea house). Siamo andati con Johanne (Taiwan) e Bo-U (China), a Persepolis, pagando 650 000 Ril, circa 15 euro, contro i 100 che volevano dall’hotel.

Bo U è insegnante in Cina ed ora ci sono le vacanze invernali; da un paio di mesi è in giro per il Medio Oriente. E’ stata in Egitto (il suo favorito), Giordania, Libano e qui. L’Iran non le piace tantissimo perché le sembra di stare in una zona della Cina dove sono principalmente musulmani e come in Iran ci sono moschee ovunque. Di cibo poi non ne parliamo. Lei ovunque va si porta un fornellino elettrico, dove si può scaldare l’acqua (deve sempre avere dell’acqua calda da bere disponibile), cucinare le uova e i noodle o zuppe istantanee. Johanne invece visita solo l’Iran, ma non la entusiasma; un po’ per il cibo e un po’ perché è simile ovunque; due anni fa è stata in Turchia e là le è piaciuto tantissimo, anche il mangiare. Comunque in Iran la città preferita è stata Isfahan. L’avevamo incontrata anche a Kashan, era quella che si lamentava del cibo con i tedeschi. Del cibo italiano non sa cosa dire, perché non l’ha mai provato sul posto. L’ho invitata da noi allora, così potrà testarlo.

10 pm Ancora un’ora per il bus.

A Shiraz, la città che ha dato i natali e il nome al famoso vino, dopo la rivoluzione del 79 i vigneti sono stati distrutti o convertiti in coltivazioni di uva sultanina. Uno spreco, direi.

La separazione tra i sessi è ovunque: a scuola, in moschea, persino negli autobus (gli uomini salgono davanti e le donne dietro). C’è da sorprendersi che riescano a conoscersi per accoppiarsi.

Qua a Shiraz è piovuto entrambe le notti e le mattine che siamo stati qui. E’ un bene, se non piove d’inverno l’estate è insopportabile. Per noi però è stata una tortura visitare Persepolis sotto la pioggia.

Sono le 10.30 di un venerdì sera, persino il bazaar era chiuso oggi (il venerdì è il loro giorno di festa), ma qui in stazione c’è un barbiere che sta tagliando i capelli.

In Iran ci sono banche e bancomat ovunque, ad ogni angolo delle strade, nei negozi, nelle stazioni, ne ho visto persino uno mobile, su un furgoncino. Solo che accettano esclusivamente carte iraniane. Solo contanti per noi. L’unica eccezione è qualche negozio di tappeti, dove si può pagare con carte internazionali.

Ai confini del deserto

Ai confini del deserto

A Fahraj, Iran

17feb 2015, ore 9.30 circa

Siamo seduti sul freddo ciglio della strada fuori dal Silk Road Hotel ad aspettare Masoud del Fahreddinn che si è offerto di venire a prenderci da Fahraj. Le tedesche strane restano un altro giorno, le troveremo domani a Shiraz. Siamo a metà vacanza.

10h50 Alla fine abbiamo fatto chiamare dall’hotel e ci hanno dato un autista. Vabbé. Io sarei venuta a Fahraj anche in bus, ma a sto punto mi sembrava di offendere a rifiutare il passaggio. In fondo si è offerto lui.

Le strade fuori città hanno 2 o 3 corsie per direzione, nonostante non ci sia molto traffico, e tra una direzione e l’altra ci sono circa 50 metri, così non si scontrano (hanno un po’ l’abitudine di stare a lungo sulla corsia del senso opposto per sorpassare); tanto c’è spazio, c’è il deserto attorno.

Tra un paese e l’altro deserto. Solo nelle vicinanze dei centri abitati, dove arriva l’acqua tramite i qonat (un sistema di acquedotto che però sembra essere un po’ costoso e quindi un po’ alla volta stanno cercando di sostituirlo), ci sono poche piante e qualche rara coltivazione. Per il resto solo sabbia, roccia e qualche arbusto.

13h20 Il Signor Masoud ancora non s’è visto. Probabilmente non lo vedremo mai. E’ arrivato il suo aiutante che è andato a farci il tè. Stiamo riposando un po’ e aspettando che si faccia meno caldo.

Bahadur ci ha raccontato che qualche mese fa è passato di qui un certo Luca, che sta facendo il giro del mondo in vespa. Lo si può seguire su ilgirodelmondoa80allora.com . Fico. Anche a me piacerebbe un giro del genere. Mi basterebbe arrivare in Turchia in moto.

A pickup in Fahraj

19h23 Bahadur ora ci sta preparando la cena. E’ l’uomo tuttofare. Ci ha portati nel deserto a fare le buride (jimkane: paura!), ci ha preparato il tè e il narguilé e un bicchierino di grappa.

Bahadur ci ha raccontato che alcuni suoi amici dicono che vorrebbero trasferirsi all’estero; ma lui che ha parlato con gli stranieri e sa che la vita altrove non è che sia rose e fiori, che ha una morosa con cui ogni tanto fa trombetta e allora è a posto, che va nel deserto con la sua grappa quindi alcool ne beve quando vuole, sta bene qui.

La moschea di Fahraj che siamo tornati a vedere nel pomeriggio ha 1400 anni, una delle più vecchie dell’Iran, ed è fatta di mattoni cotti al sole. Tutta la parte vecchia di Fahraj è di sabbia e argilla, come Yazd.

Il minareto della moschea di Fahraj

Il minareto della moschea di Fahraj

Al ristorante del paese alle 19.15 non avevano già più niente da mangiare e allora Bahadur ci prepara gli spaghetti.

Spaghetti stra-cotti con sugo super-olioso di funghi, carne e pomodoro. Messi in forno anche. Un po’ pesantini ma non male dai.

Short film Iraniano a Kashan

Short film Iraniano a Kashan

13 Febbraio 2015

Khan-e Ameriha 4pm

Siamo in questa casa tradizionale di Kashan perché Sarah Tabibzadeh ci ha invitati qui a vedere un film che ha diretto lei. E’ una giovane regista iraniana che abbiamo conosciuto questa mattina sull’autobus da Tehran. Ci ha anche pagato il taxi per venire in centro. Non credo sia costato tanto, perché dall’aeroporto a Tehran che son più di 30 km costa 15 euro, da dove ci ha lasciti il bus stamattina al centro di Kashan sono neanche due chilometri, ma è stato comunque un gesto carino.

Il film di Sarah è “Lady with Flower-hair”; è la storia di una ragazza molto triste perché le crescono i fiori tra i capelli e quando si beve il tè deve abbeverare anche la testa; questa cosa la fa sentire continuamente fuori luogo. Una sera in cui camminava tristemente per la città si illude di aver visto qualcuno simile a lei, invece era solo un disegno. Alla fine si uccide e finalmente la sua esistenza prende senso perché dal suo corpo seppellito nascono tanti bei fiorellini. Un breve film animato, stile Persepolis. Sarah rappresenta la classica generazione di giovani meno inclini alle restrizioni imposte dal governo. In autobus indossava dei jeans attillati e quando eravamo rimasti solo Luca ed io dietro di lei si è tolta il velo dalla testa; alla presentazione del film invece era vestita in modo più tradizionale, ma elegante e moderno allo stesso tempo. Viaggiava con un ragazzo, che ci ha detto (sottovoce) essere il suo ragazzo. E’ stato molto gentile da parte sua invitarci a vedere il suo film.

 

19h33 Siamo nella sala da pranzo del nostro alberghetto. Nel mezzo c’è una piscina con i pesciolini rossi.

Kashan è famosa per il bazar, che andremo a vedere domani perché oggi essendo venerdì è chiuso, e le case tradizionali del 1800, fatte di argilla e paglia. La Khan-e Ameriha dove siamo andati per Sarah è grandissima. E’ formata da vari edifici ed ha 8 cortili, i più grandi con la vasca in mezzo, che serve perché d’estate il vento scende, raccoglie l’acqua e porta un po’ di fresco nei piani sotterranei; c’è un boutique hotel ora tra i vari edifici della Khan (che vuol dire “casa”, mentre Ameriha è il nome di una importante famiglia iraniana, tipo i Medici, mi ha spiegato Sarah). Stanno sistemando ancora una parte della casa per ingrandire l’hotel. Diventerà enorme. Ho paura a chiedere quanto possa costare.

Anche il nostro hotel è in una casa tradizionale ed è molto bello. Paghiamo circa 40 euro per notte; sarebbe almeno il doppio in Europa. Le camere con tre finestre (come la nostra) sono per gli ospiti meno importanti; quelle con 5 o 7 finestre sono suite, e un tempo ospitavano gli ospiti più illustri.

Mentre passeggiavamo per il paese un signore ci ha fatto entrare a casa sua: è proprietà della sua famiglia da 180 anni; lui vive a Tehran, ma nei giorni di festa viene qui a sistemarla: spera di riuscire ad aprirci un hotel nel giro di due anni. Ha il classico cortile interno, questo senza piscinetta ma con degli alberi antichi, e i vari edifici attorno.

Stanotte prevedo una bella notte di sonno. Ieri sera non riuscivo a dormire perché la stanza era troppo calda (per il riscaldamento) anche con la finestra aperta, e in più entrava un sacco di rumore dalla strada vicina. Qui invece si sta benissimo. C’è il riscaldamento acceso, ma non fa troppo caldo (anche perché la stanza è grande tre volte quella di ieri; abbiamo addirittura un materasso per gli ospiti, se qualcuno volesse venire a trovarci) e non si sente volare una mosca. E si mangia anche bene in questa khan. Con 10 euro abbiamo mangiato montone stufato con fagiolini e carote e un piatto di verdure con melanzane e non ricordo che altro; il tutto con del riso bianco con una spruzzata di zafferano e del buonissimo yogurt. Dopo i panini di questi giorni è stato un bel cambiamento. Dei tedeschi però si lamentavano con una Taiwanese che mangiano bene solo quando si cucinano loro (vivono a Tehran dall’estate scorsa), perché l’unico piatto vegetariano commestibile sono i falafel (non dev’essere facile essere vegetariano in Iran).

Domani non sappiamo ancora cosa fare. C’è la possibilità di passare una notte nel deserto per 70 dollari (per due persone), ma forse con il freddo che fa di notte di questa stagione non è il periodo migliore per un’esperienza simile. Boh. Penso che decideremo domani mattina.

20h52 Siamo seduti sui divanetti attorno alla piscina nel cortile dell’hotel a bere tè. Ora fa freschino. Dev’essere bellissimo d’estate, rinfrescarsi qui dopo la calura del giorno.

Devo raffinare la mia capacità di lavarmi dopo aver fatto la pipì. Come in tanti altri paesi, anche qui non si butta la carta igienica nel water e allora piuttosto di tenermela nel sacchetto della spazzatura per giorni mi lavo anch’io come fanno gli iraniani (vicino alla tazza alla turca c’è sempre anche un rubinetto per lavarsi); solo che devo imparare a farlo senza bagnarmi tutta.