Rough Road

Rough Road

June 3, 2012

7am della domenica e le strade sono piene di gente. Stanno andando a Messa, chi a quella Luterana, chi a quella anglicana. Dalla Luterana esce della bella musica. E gli strillini del matrimonio (vedi Dar Es Salaam). lo sono al mio bar preferito che faccio colazione. Da Dodoma fino a Iringa ci sono due strade. Una che fa il giro largo via Morongoro, tutta asfaltata. E una che chiamano scorciatoia, che va dritta fino a Iringa, ma non è asfaltata. Costa la metà andare per la scorciatoia, e questo basta a convincermi. Alle 7.30 devo essere in stazione per l’appello. Il bus però non parte prima delle 8.30. 7h25 Cavoli, ho già sudato. Deve fare piuttosto caldo qui durante il giorno. Sono 270 km fino a Iringa, e ci vogliono 8 ore o più.

9h46 Altri 219 km. Ho fatto bene a prendere la scorciatoia. Si va piano tra le campagne e i villaggi di case rosse. MLONA si chama questo paese. La corriera è un rottame. Gli interni sono coperti di polvere rossa, ci sono buchi dove una volta c’erano bottoni, per accenderla basta connettere due fili, il contachilometri e altri strumenti non funzionano, il cambio ogni tanto si inceppa, ma l’autista conosce la sua creatura e possiamo stare tranquilli. Stanno costruendo una nuova strada per collegare Dodoma e Iringa. Per farlo hanno sradicato un sacco di piante secolari (o perlomeno così sembra dalla dimensione dei tronchi). Il rullo per spianare e altri macchinari sono di fabbricazione cinese. L’autista fa mille cose mentre guida. Chiama e scrive da due cellulari diversi, controlla i conti dei passeggeri, beve, mangia, conta soldi, ritira biglietti, impartisce ordini. Ma mi ha fatto sedere davanti da dove posso controllare tutto, mi sta simpatico. Hanno barattato dei pomodori con un po’ di latte di capra portato dai bambini dei villaggi. Uno degli aiutanti del bus è proprio bello. Sporco e senza mutande ma sorridente e bello. A un altro villaggio hanno comprato due cosce di capra, direi dalle dimensioni. Le hanno appese al tettuccio senza plastica o altri contenitori, e son lì che penzolano sopra la testa dell’autista. Il bus è sempre strapieno. Non si può chiamare un viaggiare comodi. E per fortuna io sono seduta! Forse avrei dovuto pagare 0,30€ per il sacchetto per coprire lo zaino. Sono curiosa di vedere come sarà.

Uno dei controllori ha comprato tre galline, vive. Le mette nel bagagliaio. Ah no, le porta su con noi. L’appalto per la costruzione della strada deve essere stato vinto da una compagnia cinese perché ogni tanto si vedono occhi a mandorla sotto un cappello di paglia e vestiti puliti. Devono essere gli ingegneri che controllano i lavori. Siamo passati anche vicino al quartier generale dei cinesi. Case nuove e bianche con i condizionatori e macchine giganti in cortile; stonano un po’ se paragonate alle case di terra e legno, senza acqua né elettricità, a pochi metri di distanza.

16h30 Povere galline. Danno qualche segno di vita solo quando qualcuno ci pesta sopra. Mi passa la voglia di mangiare carne. E’ salita una ragazza di origine indiana. Si è seduta vicino a me e si è messa a leggere un libro in inglese. Fa un po’ la principessina, si scoccia se i poveri disgraziati che sono in piedi la toccano o se per sbaglio le pestano i piedi. Ah, è la sorella dell’autista. Mi dà alcuni suggerimenti su cosa fare a Iringa. Dice che non c’è la piscina purtroppo. A Dodoma sì. Sono stata a vederla? Beh, veramente visitare la piscina non era tra le mie priorità. Ma evidentemente per loro sì. Anche a Moshi un tipo mi aveva portato a vedere la loro piscina tutto orgoglioso. In effetti  in un paese dove l’acqua è un bene prezioso, una piscina deve avere un significato diverso.

19h00 Siamo arrivati a Iringa verso le 17.30. Ho mangiato una pannocchia lessa per pranzo, ho un po’ fame ora. Sto aspettando la solita frittata con patate. Domani devo assolutamente andare in un ristorante decente e mangiare qualcosa di diverso. Mi piace Iringa. E’ tranquilla, con belle case, gente simpatica e ospitale. Sono in un albergo un po’ fuori, sembra tranquillo. Spero di riuscire a dormire bene. 

Dodoma

Dodoma

2 Giugno 2012

Mi sa che dovevo stare un po’ antipatica alla receptionist del Centro Cristiano di Dodoma perché mi ha dato la stanza più vicina alla strada (e le finestre non hanno vetri) e quando le ho detto che non c’era acqua in bagno mi ha risposto che è normale. Per fortuna il suo collega stasera mi ha mandato un secchio d’acqua tiepida per lavarmi. Hakuna Matata, l’hanno fatto per generazioni i miei antenati e lo fanno tuttora in molti, e mi sa che mi ci devo abituare perché il Sud della Tanzania non è per niente turistico e le infrastrutture e servizi son quel che sono. Devo anche stare attenta a non calpestare lo scarafaggione con le gambe per aria quando vado in bagno, ma pure quello non è un problema insuperabile.

Dodoma  mi piace. Nel raggio di 100 metri ci sono una chiesa Anglicana, una chiesa Luterana, una moschea, e questo centro di formazione per cristiani dove sto dormendo io. Dal 1973 è la capitale ufficiale della Tanzania, ma la scarsità d’acqua ha impedito che ci potessero traferire gli uffici. Solo il Parlamento si trova qui. Il centro politico ed economico della Tanzania resta Dar Es Salaam.

C’è un bel giardino nel bel  mezzo della città, dedicato a Julius Kambarage Nyerere, il Padre della Nazione, che ha guidato il suo Paese verso l’indipendenza dagli inglesi agli inizi degli anni 60 e ne è stato il presidente per vent’anni; oggi pomeriggio era pieno di gente e tende con donnine che misuravano la pressione.

Per cena ho mangiato frittata con le patatine. Praticamente la mia dieta da quando sono qui consiste in questo: riso e pollo con verdure, riso e maiale con verdure, riso con verdure, o frittata con patate. Ci sarebbe anche l’ugali , fatto con farina di mais, al posto del riso, ma non mi piace molto. Solo durante il safari c’era un menu un po’ diverso. Ah, che bello come eravamo trattati da principi. Nemmeno le tende ci dovevamo montare. Tutto quel che dovevamo fare era mangiare e farci portare in giro in macchina.

Adesso invece comincia la parte dura. Mi aspetta una settimana non facile. Da qui in poi le strade non saranno neanche asfaltate. Impiegherò una settimana a percorrere circa 1000 km. Sempre se trovo un mezzo di trasporto. Mal che vada torno indietro. Come quando stamattina ero a Katesh e alle 11.30 il mio bus non era ancora arrivato, quando era atteso per le 10. Ero un po’ preoccupata di non averlo visto o che fosse saltato per oggi. Per tranquillizzarmi ho pensato che nella peggiore delle ipotesi avrei dovuto passare un’altra notte a Katesh e prendere il bus per Dodoma il giorno dopo. Non sempre le cose vanno come si era programmato in questo Paese, ma basta essere flessibili e farsi trasportare dagli eventi. Comunque se tutto va bene alla fine della settimana sarò finalmente al mare!