Ai confini del deserto

Ai confini del deserto

A Fahraj, Iran

17feb 2015, ore 9.30 circa

Siamo seduti sul freddo ciglio della strada fuori dal Silk Road Hotel ad aspettare Masoud del Fahreddinn che si è offerto di venire a prenderci da Fahraj. Le tedesche strane restano un altro giorno, le troveremo domani a Shiraz. Siamo a metà vacanza.

10h50 Alla fine abbiamo fatto chiamare dall’hotel e ci hanno dato un autista. Vabbé. Io sarei venuta a Fahraj anche in bus, ma a sto punto mi sembrava di offendere a rifiutare il passaggio. In fondo si è offerto lui.

Le strade fuori città hanno 2 o 3 corsie per direzione, nonostante non ci sia molto traffico, e tra una direzione e l’altra ci sono circa 50 metri, così non si scontrano (hanno un po’ l’abitudine di stare a lungo sulla corsia del senso opposto per sorpassare); tanto c’è spazio, c’è il deserto attorno.

Tra un paese e l’altro deserto. Solo nelle vicinanze dei centri abitati, dove arriva l’acqua tramite i qonat (un sistema di acquedotto che però sembra essere un po’ costoso e quindi un po’ alla volta stanno cercando di sostituirlo), ci sono poche piante e qualche rara coltivazione. Per il resto solo sabbia, roccia e qualche arbusto.

13h20 Il Signor Masoud ancora non s’è visto. Probabilmente non lo vedremo mai. E’ arrivato il suo aiutante che è andato a farci il tè. Stiamo riposando un po’ e aspettando che si faccia meno caldo.

Bahadur ci ha raccontato che qualche mese fa è passato di qui un certo Luca, che sta facendo il giro del mondo in vespa. Lo si può seguire su ilgirodelmondoa80allora.com . Fico. Anche a me piacerebbe un giro del genere. Mi basterebbe arrivare in Turchia in moto.

A pickup in Fahraj

19h23 Bahadur ora ci sta preparando la cena. E’ l’uomo tuttofare. Ci ha portati nel deserto a fare le buride (jimkane: paura!), ci ha preparato il tè e il narguilé e un bicchierino di grappa.

Bahadur ci ha raccontato che alcuni suoi amici dicono che vorrebbero trasferirsi all’estero; ma lui che ha parlato con gli stranieri e sa che la vita altrove non è che sia rose e fiori, che ha una morosa con cui ogni tanto fa trombetta e allora è a posto, che va nel deserto con la sua grappa quindi alcool ne beve quando vuole, sta bene qui.

La moschea di Fahraj che siamo tornati a vedere nel pomeriggio ha 1400 anni, una delle più vecchie dell’Iran, ed è fatta di mattoni cotti al sole. Tutta la parte vecchia di Fahraj è di sabbia e argilla, come Yazd.

Il minareto della moschea di Fahraj

Il minareto della moschea di Fahraj

Al ristorante del paese alle 19.15 non avevano già più niente da mangiare e allora Bahadur ci prepara gli spaghetti.

Spaghetti stra-cotti con sugo super-olioso di funghi, carne e pomodoro. Messi in forno anche. Un po’ pesantini ma non male dai.

Jaisalmer

Jaisalmer

Una giornata a Jaisalmer, tra deserto e forti

26 Novembre 2010

Jaisalmer è un’altra città ai confini del deserto.

Sono arrivata stamattina in treno da Bikaner. Alle 5.10. Finora i treni che ho preso sono sempre stati in ritardo di almeno un’ora. La scorsa notte che avrei dormito volentieri un’ora in più, è arrivato in anticipo di 20 minuti. Ho girovagato per le strade buie della città tra viaggiatori, venditori di chai, mucche e cani rabbiosi. Tutto era chiuso e avevo paura che avrei dovuto fare la cacca per strada (il che non mi schifava particolarmente, visto che tanto si sarebbe confusa tra le cacche delle mucche), invece dopo lunghe ricerche ho trovato sto hotel bellissimo, in un ex palazzo, dove gentilmente mi hanno fatto usare il loro bagno con la carta igienica. La stanza più economica costa sui 50€ per notte, meno di quel che ho pagato per il safari nel deserto. Forse dovrei provare quest’altra esperienza indiana un giorno…

Jaisalmer è bellissima. Tutta la città è costruita con dei mattoni di sabbia dorata, per questo è anche chiamata “Golden City”. C’è un bel forte su una collina, circondato da mura e pieno di vicoletti e palazzi. E’ bellissima sì, non fosse per le orde di turisti. Stamattina ho girato 3 ore e già ero stanca. Son contenta di restarci solo un giorno, mi infastidirebbe stare più a lungo. Da qui pure organizzano molti tour nel deserto. Inizialmente pensavo di venire qui a fare il mio safari, ma per fortuna a McLeod Ganj ho incontrato una ragazza che mi ha consigliato di andare a Bikaner piuttosto.

C’è un locale dove fanno il Bhang Lassi. Bhang è una cannabis, unica droga legale in India a quanto mi hanno detto, e questo caffettino è autorizzato a venderla, nei lassi. Io ci sono andata perché avevo voglia di un lassi normale, ma non lo fanno. Non ho bisogno del Bhang, sono già abbastanza rincoglionita dal sonno. Così sono venuta in sto posto super fico, un ristorante sul tetto di un Haveli, una residenza tipica del Rajasthan, con una corte interna e piena di decorazioni.

Nel pomeriggio ho deciso di tornare nel deserto, a bordo di una jeep stavolta, per vedere il tramonto sulle dune di sabbia. Beh, che idea! Un centinaio di cammelli aspettavano di trasportare le orde di turisti, indiani, cinesi e da tutto il mondo. Io mi aspettavo qualcosa di tranquillo, non dico di essere sola, ma magari una cinquantina di persone, tò. Sembrava un circo. O una fiera. Tamburi, suonatori di flauti, bambine travestite in costumi tradizionali con il rossetto sparpagliato in tutta la faccia che ballavano al ritmo dei flauti.  

Yoga nel deserto

Yoga nel deserto

Avventure nel deserto del Thar

26 Novembre 2010

Sopravvissuta a due giorni nel deserto del Thar, vicino a Bikaner. Su un cammello. Sederino e interno coscia super doloranti. Mai più cammello per me, grazie. Mi hanno chiesto di tornare. Ok, può darsi che lo faccia, se mi date una bici al posto del cammello.

Ero con due ragazzi francesi e una coppia porto-olandese. Questi ultimi interessanti. Lei una designer di borse fatte con materiale riciclato, lui un artista, che per pagare le bollette ha aperto un coffee shop in Olanda, da qualche parte ai confini con la Germania, e dalla vendita di hashish guadagna un sacco di soldi. 6 camel men, una guida e suo figlio. Il più piccolo dei cammellari, Umad, 12 anni, è praticamente lo schiavetto di tutti. Lo chiamano in continuazione, per lavare piatti, pelare patate, servire. E lui che corre di qua e di là sempre contento. Sono belli questi ragazzi del deserto. A parte i denti rosso-marroni per il tabacco. Non così brutti come i denti dei loro cammelli comunque. Il più anziano, Kesudan, ha 53 anni. Sembra che ne abbia 20 di più. Mi sa che la vita nel deserto non fa tanto bene.

Il tour è iniziato con una visita al Karni Mata Temple, un tempio in cui si venerano i topi. Faceva piuttosto impressione. E anche abbastanza schifo sinceramente. Ci si deve togliere le scarpe all’entrata, come per tutti i templi, e si cammina tra cacchine e cibo per topi. E’ considerato essere di buon auspicio se un topo ti corre in mezzo alle gambe, e ancora di più se riesci a vedere il topo bianco. Son stata una decina di minuti a spiare l’entrata della tana di sto topo bianco, ma niente. Niente fortuna per me. Comunque mai visti così tanti topi in vita mia.

Questi due giorni nel deserto sono stati un’esperienza completamente diversa da Wadi Rum. Quello l’avevo girato in jeep tra montagne e sabbia rossi. Il Grande Deserto del Thar è un’estensione secca di bassi arbusti spinosi e rade piante. I cammelli vanno a passo d’uomo, quindi non si fa molta strada. Penso che il senso fosse proprio quello, di passare due giorni con una diversa prospettiva spazio-temporale. Che innervosisce un po’, quando si è abituati a correre e fare tutto in fretta. Però immagino abbia i suoi benefici.

Il programma prevedeva di dormire su delle dune di sabbia, sotto le stelle. Ma il tempo era incerto, così la guida ci ha portati ad un edificio disabitato, per dormire sotto un tetto. Costruito con lo scopo di diventare una scuola, non è mai stato usato perché il governo indiano non ha mai assegnato degli insegnanti a quel posto. Così funziona il governo indiano, si lamentava la guida. Soldi vengono spesi in infrastrutture, e poi maestri restano senza lavoro e bambini senza scuola per mancanza di comunicazione tra diversi uffici del governo. Lui non vota, perché dice che entrambe le coalizioni sono corrotte, quindi non ha senso. Manifesta il suo dissenso non votando. E’ stato la prima persona che ho incontrato a non essere entusiasta di Sonia Gandhi. Quando dico che sono italiana qua tutti si aprono in un sorriso e dicono “ah, come Sonia Gandhi”. Edvige Antonia Albina Maino è nata a 30Km da Vicenza e ha sposato un discendente di Mahatma Gandhi (la famiglia Gandhi da generazioni ha funzioni importanti nel governo; Sonia Gandhi al momento è presidente dell’Indian National Party e sarebbe Primo Ministro se l’opposizione non si fosse lamentata che la tipa non è indiana).

Beh, abbiamo dormito sotto il portico di questo edificio. Il risveglio è stato meraviglioso, circondati dalla foschia, cammelli che ruminavano lì vicino e gli uomini del deserto che preparavano il chai dall’altra parte del portico.

thar desert

Lionel, uno dei ragazzi francesi, si è ritrovato con una scarpa a 10 metri dal portico, un po’ rosicchiata. Qualche animale deve averla presa durante la notte. Forse una capra.

Mi sono allontanata un po’ dal gruppo e mi sono messa a fare i cinque esercizi di yoga che conosco. Ma proprio questa cosa del stare calmi non fa per me. Avrei dovuto fare ogni esercizio 5 minuti per 3 volte, invece li ho fatti per un minuto e una volta sola. Continuavo a pensare a quelli di là che stavano preparando la colazione e non potevo aspettare. Devo riprovarci. Solo quando gioco a freecell (un solitario di carte nel computer) riesco a passare delle ore senza fare niente. Il che mi innervosisce un sacco, perché perdo delle ore che potrei usare a fare qualcosa di più utile, anche solo leggere un libro. Ma giocare a freecell mi aiuta a pensare. E’ stato durante una di quelle partite che mi è tornata l’idea di andare in Africa nel 2011… (questo nel 2010, ora passo ore a giocare a candy crush 🙁 )

Un altro giorno sul cammello, ma dopo mezz’ora proprio non ce la facevo più. Perché alla gente piaccia questa tortura non lo so. Ho passato il resto del safari su un carretto, trainato da un cammello. Stavo sdraiata sui sacchi di paglia che usano per cibare i cammelli quando ci fermiamo e mentre lasciavo che il sole mi scaldasse, mi facevo cullare dal carretto e dalle nenie cantate dai cammellari. Much better.

Kesudan era sul carretto con me. A un certo punto ha strappato un filo dall’asciugamano che tiene in mezzo alle gambe e mi ha intrecciato un braccialetto. Così ora siamo fratello e sorella, mi ha spiegato un ragazzo in un inglese striminzito. La prossima volta che torno a Bikaner si aspetta che lo contatti, mi ha dato il suo indirizzo. Ha un figlio piuttosto carino, quindi ci potrei anche pensare. Meglio che aspetti che il figlio diventi maggiorenne però…

 

family living in Thar desert