Episode 3: Dar 2

Episode 3: Dar 2

19 maggio 2012

11.30 am

Che bella la vita! Sono venuta a vedere una chiesa Luterana costruita dai tedeschi a inizio 900 e mi son ritrovata a un matrimonio! Le donne sono bellissime nei loro vestiti tradizionali (quelle più grossette), in eleganti vestiti lunghi o in attillati tubini (quelle che se lo possono permettere). Le scarpe rosse vanno di moda direi. E io me ne sto a spiare da un angolino ombreggiato insieme agli autisti.

11.45 giuro che mi sono messa a piangere mentre la sposa camminava verso la chiesa, accompagnata dalla banda e dalle donne che le ballavano intorno lanciando urletti tipo “trrrriiihhhh” come boh, forse Speedy Gonzales? Che gioia.

14.00 Sono al Coco Beach. Un locale lungo la spiaggia un po’ a nord di Dar Es Salaam che nei week end si riempie di gente che viene a fare il bagno (maschi e femmine con i vestiti addosso) su delle ciambelle nere.  Spiedini con patatine fritte per pranzo. Yummy!

Ho conosciuto Rashid. Simpatico. Forse perché è uno dei pochi finora che non mi ha approcciato solo per offrirsi come guida. Viene da un villaggio vicino al Lago Tanganyka, sud-ovest del paese. Ha cercato di insegnarmi un po’ di swahili ma sono troppo dura, non ce la farò mai. Ancora sono ferma al mio mambo-poha 🙁.

Tanzania – Episode 2: Dar Es Salaam

Tanzania – Episode 2: Dar Es Salaam

18 Maggio 2012MAMBO! E “Poha” devo rispondere io. Che non ho ancora ben capito cosa voglia dire.

Eccoci. La capitale. La maggior parte della gente che visita la Tanzania la evita. Perché volano direttamente all’aereoporto di Kilimanjaro o a Zanzibar. Io ci sono arrivata alle 6 stamattina, dopo una notte prevedibilmente piuttosto insonne. Il passaggio della dogana e le formalità per il visto son stati più facili del previsto. 50 USD per il visto, alla faccia del consolato a Milano che voleva farmi spendere 100 euro per prenderlo in anticipo (65 per il visto più 30 abbondanti per il treno).

All’uscita dall’aereoporto un tassista mi fa che è impossibile per me prendere un autobus fino al centro città. Perché la gente a quell’ora (erano le 6.45 circa) va al lavoro, i dalla-dalla (bus locali) sono strapieni e io con i miei zaini non ci salirò mai. Mi ha offerto di portarmici per “soli” 20 dollari americani. Ovviamente non gli credo e cortesemente rifiuto. Mi avvio verso la fermata dei bus. Una cinquantina di persone è lì che aspetta. Nessun problema, ho tutta la giornata davanti a me. In effetti i mini-bus che arrivano sono strapieni e per qualche mistero della fede riescono a far salire 2-3 degli sfigati che stanno aspettando con me. Ma io con i miei zaini effettivamente non riuscirò mai a infilarmici. Ok. Non demordo. Magari fra mezz’oretta ci sarà meno gente, mi ripeto. Intanto osservo la gente intorno a me e  me ne innamoro. Ragazzi che portano una dozzina di confezioni di uova pericolosamente in equilibrio sul retro della loro bici. Sguardi incuriositi e sorrisi timidi. Qualche autista di dalla-dalla scuote la testa sconsolato come a dire “dove pensa di andare questa povera qua? Fa la tirchia in un paese di poveri?”. Una ragazza con gli occhi storti mi urla “Welcome to Tanzania!” e io mi sento la persona più fortunata del mondo. Dopo più di un’ora che aspetto e osservo vedo che poco prima della fermata degli autobus c’è un gruppetto di persone che quando si ferma una macchina bianca ci si fionda dentro. Sarà un taxi condiviso? Mi chiedo. E sì. E dopo 5 minuti sono anch’io su un taxi che per 2000 Tsh mancia inclusa (circa 1 euro) mi porta in centro città. Alle 9 sono al mio alberghetto. Sonnellino di un’oretta. Doccia. Esco.

Subito mi viene presentato un tipo che mi dovrebbe aiutare a organizzare un safari. Non son partita con l’idea di fare un safari, ma sarà come fare trekking in Nepal, che non si può stare in Tanzania e non andare a vedere i coccodrilli. Comunque non organizzerò da qua nessun safari. Magari vado ad Arusha e vedo lì se trovo qualcosa. Sono ancora troppo stanca per pensarci.

In giro per le strade di Dar es Salaam sembra di stare in India, solo senza clacson. Una giungla di macchine, che girano senza regole, e il povero pedone che deve tentare la fortuna ogni volta che attraversa la strada. I marciapiedi sono occupati da venditori di ogni tipo, lustrascarpe e gente che si gode l’ombra. Il sole fa caldo, ma all’ombra si sta benissimo, tira una brezza fresca. Probabilmente grazie alla vicinanza all’oceano.

Preoccupazione numero 1: trovare un caffè decente. Il posto consigliato dalla Lonely Planet è chiuso, quindi giro un po’ a caso. Non trovo niente. Comincia anche a venirmi fame ma l’unico posto che trovo è un ristorante all’aperto, dove si può mangiare a buffet carne cotta sul barbeque per Tsh 18.000, circa 9 euro. Troppo troppo per me. Magari ci tornerò per una bibita, perché sembra proprio piacevole, fresco e rilassante, in questa città dove è così difficile trovare bar e simili. Continuo la ricerca. Passo vicino a un tempio indu e vari ristoranti indiani. Mi sembra di riconoscere tanti indiani tra la gente che cammina per le strade. Ma mi rifiuto di mangiare indiano in Tanzania! Alla fine per non rischiare di morir di fame mi prendo un panetto con il formaggio in una pasticceria. Ok, non sarà molto africano, ma è giusto per tirare avanti.

Torno all’albergo a farmi un altro sonetto. Un’ora non mi basta questa volta. Alle 4.20 mi sforzo di tirarmi su dal letto. Esco e mi infilo in un ristorante proprio dietro l’angolo!  E poco più in là c’è un chioschetto che vende kebab. Ma dov’erano prima? Comunque mi bevo il mio caffettino (devo ricordarmi di non chiederlo più “macchiato” perché lo fanno come in India, sciolgono il caffè solubile direttamente nel latte caldo, non nell’acqua) mentre leggo un po’ la guida e cerco di capire cosa voglio fare. Sono circondata da tanzaniani di ceto medio che mangiano pollo cotto alla griglia con riso e verdure varie. Sembra appetitoso. 8500 tsh costa. Circa 4 euro.

Il mio caffè dura un’oretta. Nel frattempo mi è venuto il mal di testa per la stanchezza. Vado in un negozio di telefonia e mi compro un modem per collegarmi a internet. In una farmacia prendo lo spray per le zanzare (per ridurre il rischio malaria). E girovago ancora per la città. Finalmente tiro fuori la macchina fotografica e comincio a far foto. Uomini che giocano a dama sul marciapiede su un pezzo di carta disegnato e con tappi di bottiglia di due colori diversi. Un tipo che trasporta bottiglie di plastica su una bici. Scarpe di varie misure e stili in esposizione lungo un marciapiede. Ed è tutto un “mambo-jambo” e io “poha” e loro sorridono e continuano a parlarmi in Swahili e io provo a spiegare che giusto quella parola so dire…

Ci sono dei ragazzi che camminano per la strada offrendo su di un piatto di vimini la loro mercanzia: sigarette, caramelle, ciunghe, uova ricoperte di sale (saranno le stesse uova che ho visto stamattina?). Per far sapere che sono nei paraggi fanno tintinnare una fila di monete che tengono in mano. La gente fa dei versi, tipo uccellini o non so che. Subito vanitosamente pensavo fossero diretti a me, invece li fanno un po’ perché magari se sono in bici fanno scansare i pedoni, un po’ perché hanno qualcosa da vendere e  molti per abitudine.

18h50 La città si trasforma quando cala la notte. Si accendono fuochi e all’improvviso appaiono tavolini e sedie sui marciapiedi e via con i barbeque di pollo e spiedini vari! Io  mi fermo a prendere il kebab che ho visto qualche ora prima, al costo di 2 euro circa. Prezzo evidentemente turistico, perché sicuramente il tanzaniano che vive per strada non li paga quei soldi lì. E poi per digerirlo mi vado a bere una coca cola in un ristorantino (indiano, mio malgrado). Ci sono 8 camerieri per 3 tavolini occupati (dei quali uno mio, che sto solo bevendo una coca). Anche l’albergo dove dormo sembra abbia un sacco di aiutanti, pur non essendo per niente affollato. Probabilmente questo genere di collaboratori costano talmente poco che averne uno in più o uno in meno non cambia molto.

Alla fine ho deciso di andarci ad Arusha. Spero di trovare un gruppo di safaristi a cui aggiungermi. Vabbè, seguo le orde e vado nella zona più turistica del Paese, ma con la bassa stagione rischio di non trovare nessuno nei parchi a sud e di dover pagare una follia perché mi tocca pagarmi una 4×4 tutta per me.

Una volta a scuola mi insegnarono che ci vuole anche una bella conclusione a un tema. Questa regola vale anche per i blog? perché io avrei finito per oggi. Notte.