Gandhi

Gandhi

3 Dicembre 2010

Sono ad Ahmedabad, nel Gujarat. Non riesco neanche a pronunciare il nome correttamente. Mi sono fermata qui perché non ho trovato un biglietto diretto tra Udaipur e Mumbai. Ed ho scoperto che in questa città si trova un ashram fondato da Gandhi nel 1917. Un ashram è una comunità spirituale, dove la gente va in ritiro a fare un po’ di yoga e meditazione.

In quello fondato da Gandhi ad Ahmedabad si lavorava anche, tessuti, perché era convinto che l’uomo dovesse lavorare per mangiare, non basta la preghiera o la meditazione o studiare. Interessante sto tipo. Dopo essere stato consulente legale a Londra e in Sud Africa è tornato in India, il suo paese d’origine, si è spogliato dei suoi bei vestiti, si è messo quel lenzuolo bianco con cui lo si vede in tutte le foto e ha cominciato a predicare per l’indipendenza dell’India dall’Inghilterra, l’uguaglianza tra le religioni, l’abolizione della casta degli intoccabili.

Da Ahmedabad è partito per la famosa marcia contro la tassa sul sale, imposta dall’Inghilterra, che secondo lui pesava soprattutto sui più poveri, per il quale il sale è un bene di prima necessità. 385 km, fino a Dandi, sul mare.

Una delle regole dell’ashram era la castità, che non so come potesse andare d’accordo col fatto che lui era sposato dall’età di 13 anni… forse perché quando ha fondato l’ashram aveva già pù di 40 anni e aveva deciso che ne aveva avuto abbastanza.. la moglie pure viveva lì, ma in una stanza separata. Vabbé. Anche “controllo del palato” era una regola, mangiare perché si deve,  senza trovarci gusto. Ecco, decisamente non avrei potuto far parte dell’ashram. Però è un bel posto tranquillo, vicino al fiume, con un bel giardino con palme e formiche giganti. Fa venir voglia di passare giornate a leggere.

Fa caldo ad Ahmedabad. Si sente che sto andando verso sud. Bene, cominciava a far freddo in Rajasthan. E io che pensavo che pure in inverno fosse caldo in India….

Stamattina il mio treno è arrivato alle 4.20, puntualissimo. Quando l’arrivo è previsto che è ancora notte e io dormirei un paio d’ore in più, il treno è sempre puntuale. Quando invece l’arrivo è per metà mattina, quando mi fa comodo andare in albergo il prima possibile per cominciare la visita della città, sta’ sicuro che il treno è in ritardo. Ho lasciato lo zaino al deposito bagagli e sono partita verso il centro. La gente sembra più simpatica qui. Forse perché erano le 6 di mattina o perché è una città meno turistica, ma i “good morning” che ho ricevuto stamattina sembravano più sinceri. Solo gli uomini del rikshò rompono uguale in tutte le città. Ad ogni 2 metri c’è qualcuno che si ferma a chiedere se ho bisono di un taxi. E un “no, thank you” non basta, bisogna spiegare che si è arrivati a destinazione perché non capiscono che un turista possa voler visitare a piedi. Boh.