15 Marzo 2014

Los Patos, 08.01 del mattino

Colazione e poi si parte. Con calma, tanto Pedernales sta a soli 90 km (2-3 ore di gua-gua) da qua. Oggi è piuttosto nuvoloso; meglio, viaggeremo più freschi. Si vede un temporale là in mare. Se veramente prendiamo il barcone per andare ad Haiti quasi sicuramente ci pioverà in testa. Ma non ci posso credere che sia l’unica alternativa. Per questo vogliamo andare a Pedernales, per raccogliere più informazioni. Il difficile del viaggiare in quest’isola è che la Lonely Planet non è abbastanza dettagliata e anche la gente sembra non sapere molto. Di solito quando si va in un paese se non c’è un centro d’informazioni per i turisti comunque i gestori degli alberghi o la gente per la strada sanno qualcosa. Qui no. Dobbiamo sempre andare a naso. Boh. Forse perché in effetti non c’è niente di sicuro.

Mi mancherà questo posto. Non siamo proprio in riva al mare, qui da Giordano, ma dal terrazzo dove facciamo colazione si vedono palme e mare e c’è sempre una brezza fresca.

9.12 Siamo sulla strada, ad aspettare il gua-gua per Pedernales. Non si sa quanto dovremo aspettare, passano quando vogliono. Venendo qui mi son ricordata che ieri sera, mentre stavamo andando verso il Comedor per la cena, ci siamo fermati a guardare i bellissimi fiori di una pianta; un cane, abitante di quella casa, è uscito ed ha iniziato a correrci incontro. Per fortuna nel frattempo arriva un ragazzo, che estrae il suo machete e lo fa stridere sull’asfalto, allontanando il cane. Pochi metri dopo il ragazzo incontra i suoi amici e continua a giocare con la sua arma, facendola svolazzare di qua e di là. Spesso hanno un machete con loro, lo usano molto: per aprire un cocco, tagliare una pianta o allontanare i cani…

Verso l’ignoto, dice Luca. Eh sì, i viaggi di questo tipo sono proprio così. Specialmente qui, dove ci sono pochi turisti e anche la guida non ne sa molto.

10.00 Abbiamo dovuto aspettare poco più di mezz’ora. Abbiamo perso un po’ di tempo per mettere gli zaini nel bagagliaio: non ci stanno, quindi lasciano la portiera aperta e la tengono ferma con una corda. Dopo un chilometro ci fermiamo per caricare un tipo che ha due sacchi pieni di spazzole di paglia. Allora giù di nuovo gli zaini, su i due sacchi, che sono grandi il doppio dei nostri zaini, su gli zaini sopra i sacchi, fermare tutto con la corda, tirar giù la portiera, altro giro di corda, la ruota di scorta sulla capotta, e via, si parte.

16.51 Se llama cafeteria pero no hay café. Visto che non c’è il caffè allora ci beviamo due succhi qui al Malecon (lungomare) di Pedernales. Non sono più sicura di nuovo di voler andare ad Haiti. Perché passare la frontiera da questa parte non è proprio semplice. Ci sono due alternative: un barcone super affollato che in 7 ore di notte ti porta fino a Marigot, e poi devi prendere un tap-tap (la versione haitiana dei gua-gua) per Jacmel, che parte lunedì sera. Oppure vari tap-tap, con nessuna idea di quanto tempo ci si possa impiegare, anche perché si sale e si scende un’alta montagna. Boh. C’erano dei bianchi prima in giro per la città, avrei dovuto chiedere a loro, magari vengono da Haiti o hanno intenzione di passare di là come noi. Il mio jugo è in realtà un frappè alla banana. Molto buono, e molto pieno di ghiaccio, che dovrei evitare come la peste. Abbiamo infranto tutte le regole anti-cagotto: bevuto bibite con ghiaccio, mangiato verdura fresca, mangiato senza lavarsi le mani, leccate le dita…

Siamo in questa piazzetta vicino al mare, e due baracchine stanno facendo a gara a chi tiene la musica più alta, per attirare clienti presumo. Il risultato è un mix quasi fastidioso di musica. Luca dice che la gente qui ama girare in moto. E’ vero, a Los Patos i ragazzini continuavano avanti e indietro con le moto, e anche qui. Chi ha una moto comunque quando necessario si improvvisa tassista, quindi continuano a girare anche perché se qualcuno ha bisogno lo portano in giro.

Ci sono anche dei tavolinetti per giocare a domino qui al Malecon. Ieri sera era buio quando siamo tornati all’Hotelito; dei vecchietti in strada giocavano a domino alla fioca luce di una pila.

Il gua-gua per venire qua era rotto sulla fiancata dov’ero seduta io. Era rotto un giunto o non so che. A un certo punto saliva talmente tanto fumo che ho avvertito l’autista; lui ha fatto spallucce. Risultato: ho il lato sinistro del corpo completamente nero.